Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini
Un romanzo per sognatori malinconici.
Per chi si è perso, si sente insoddisfatto, si sente preso da “astratti furori” consigliamo Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini.
È dicembre, il mese più buio dell’anno; è l’alba di una nuova guerra. Silvestro è un eroe moderno inquieto e malinconico che intraprende un viaggio verso la Sicilia, alla ri-scoperta delle sue origini. Sarà un viaggio nei ricordi, ricordi ”con un po’ di più”, in una ”quarta dimensione” che rende la Sicilia un non-luogo presente in ognuno di noi. È un viaggio nel profondo, fin al cuore delle nostre radici, fino ad “una discesa negli inferi”, in compagnia di personaggi che guideranno il nostro eroe inquieto alla risoluzione finale. Perché l’inquetudine, l’insofferenza, la volontà di fare qualcosa rischia di isolarci in idee utopistiche e di allontanarci dalla realtà. La soluzione prospettata è il dialogo, essere aperti e ricettivi nel concreto, rivivendo i nostri ricordi con qualcosa di più, una nuova maturità.
Vittorini ci regala anche una pillola per i sensi di colpa. Dopo aver tentato di derubare di due soldi Silvestro, l’arrotino Calogero comprenderà che “uno qualche volta confonde le piccolezze del mondo con le offese al mondo“.
Non siete ancora sicuri che sia adatto a voi? Leggete l’incipit qui sotto e se vi riconoscerete in quelle parole allora è il libro che fa al caso vostro!
“Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo questo, ed ero col capo chino. Vedevo manifesti di giornali squillanti e chinavo il capo; vedevo amici, per un’ora, due ore, e stavo con loro senza dire una parola, chinavo il capo; e avevo una ragazza o moglie che mi aspettava ma neanche con lei dicevo una parola, anche con lei chinavo il capo. Pioveva intanto e passavano i giorni, i mesi, e io avevo le scarpe rotte, l’acqua che mi entrava nelle scarpe, e non vi era più altro che questo: pioggia, massacri sui manifesti dei giornali, e acqua nelle mie scarpe rotte, muti amici, la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete.”
Alessandra Notaro