Ravel e il tesoriere della notte
Ogni Artista nutre la propria Arte di suggestioni che gli giungono da altri Artisti.
Per esempio recentemente ho ricevuto in dono un acquerello nato durante l’ascolto de ‘La Mer’ di Debussy, come mi ha detto la stessa pittrice che lo ha eseguito.
Per questo voglio portare la vostra attenzione oggi su un poeta, poco popolare forse, ma eccezionale per la scia che ha lasciato e che ha nutrito altri Artisti: il poeta Aloysius Bertrand. Era nato nel 1807 in Piemonte ma morì a Parigi nel 1841. Lì venne a contatto con Victor Hugo e Charles Augustin Sainte-Beuve ma tale era la vergogna della sua povertà che si tenne con fiera dignità in auto-isolamento dal gruppo dei romantici parigini, pur condividendone appieno gli ideali e il talento.
La vita miserabile, emarginata, l’incomprensione della sua famiglia, lo portano a trovare ristoro in un mondo immaginario, che lo protegge dal mondo reale che tanto lo ferisce e dedica ogni sua energia a scrivere “Gaspard de la Nuit”. Muore di tubercolosi polmonare a Parigi il 29 aprile 1841, venendo sepolto al Cimitero di Montparnasse.
E’ solo nel 1992, data di acquisizione del manoscritto da parte della Bibliothèque nationale, che “Gaspard de la nuit” viene finalmente pubblicato, rispettando il manoscritto e i voleri dell’autore, e il riconoscimento della sua opera si ha soltanto ai nostri giorni.
Aloysius Bertrand è considerato un poeta maledetto a tutti gli effetti: Charles Baudelaire afferma che scrisse “Le Spleen de Paris” dopo aver letto molte volte Gaspard de la Nuit, opera da lui molto ammirata, come lo sarà, più tardi, dai surrealisti.
Proprio da questa raccolta, Maurice Ravel (che ormai sapete essere il mio compositore preferito) mise in musica i poemi “Ondine”, “Le gibet” e “Scarbo”, che formano appunto i tre Movimenti dell’opera per pianoforte “Gaspard de la Nuit”, di bellezza incredibile.
Gaspard è parola persiana che significa “tesoriere/colui che custodisce tesori”, quindi “tesoriere della notte”. “Ondine” (Ondina) è la ninfa dei corsi d’acqua ed infatti questo pezzo è caratterizzato da ondulazioni continue.
“Le gibet” (la forca) è la descrizione di un’impiccagione ed il rintocco di una campana è identificato nella ripetizione di 258 volte dell’accordo di si bemolle.
“Scarbo” è il folletto della notte, impertinente con i suoi scherzi, che possiamo rintracciare nel virtuosismo eccezionale di questo brano davvero straordinario (fra i più difficili della letteratura pianistica).
Dove inizia quindi la Musica e dove la Poesia? Impossibile rintracciare confini nell’Arte.
La Bellezza trae la sua linfa dai vari vasi comunicanti delle Arti che attraversano l’essere umano e questo, a mio parere, è un concetto che non andrebbe mai dimenticato.
Laura De Santis