Violetta e la fiducia tradita

Violetta e la fiducia tradita

Nella testa risuona la voce fioca di Violetta nella seconda parte del secondo atto “Alfredo, Alfredo, di questo core non puoi comprendere tutto l’amore, tu non conosci qual fino a prezzo del tuo disprezzo provato io l’ho. Ma verrà tempo in che il saprai, com’io t’amassi confesserai, Dio dai rimorsi ti salvi allora. Io spenta ancora pur t’amerò”.

E’ mia opinione che lei muoia lì, dopo che Alfredo le abbia gettato addosso il denaro, furioso di rabbia e dolore per l’amore distrutto. Fisicamente ancora viva, è però lì che lui la distrugge spaccandole il cuore.

L’ho sempre pensato. Da questa riflessione, come un domino, ne arriva un’altra: la fiducia offesa dalla stessa persona a cui è stata concessa è in qualche modo una morte, un assassinio dell’anima.

Violetta ce lo insegna. Lei, prostituta, il cuore lo tiene blindato. Incontra questo ragazzo, appassionato e puro, che la guarda come nessun uomo ha fatto prima, cioè come una santa, e col coraggio, che solo l’amore può dare, la corteggia delicatamente. Lei allora cede, apre il suo cuore, espone le nervature delicate e molli della sua interiorità a questo uomo con fiducia. Unica volta nella sua vita si rende vulnerabile, eppure le sarà fatale.

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Separati dall’intromissione del padre, certo, ma uccisa da quei soldi come una pioggia di coltelli che la massacrano per sempre. A gettarglieli addosso e quindi a farsi assassino di vita e fiducia proprio l’unico al quale l’aveva concessa. “Sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza senza che l’altro se ne serva per affermare la sua forza” diceva Cesare Pavese. E mi sembra di vederli, lui e Violetta, seduti a parlarne al mio tavolo bianco. Sospiriamo all’unisono ed annuiamo, tutti e tre d’accordo che offendere la fiducia è sacrilegio.

Laura De Santis

 

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