Racconti di strada – Un respiro a ritmo di musica

Racconti di strada – Un respiro a ritmo di musica

Cosa sono i racconti di strada? Sono brevi attimi di vita metropolitana carpiti con uno sguardo lanciato un po’ più in là della schermata dell’Iphone; storie vere inventate a partire da un sorriso o una risata; visioni improvvise che illuminano le mie giornate piene di autobus, metro e lunghe camminate a piedi.

L’estate rallenta e svuota la città. I romani si nascondono dietro finestre chiuse e climatizzate e i fuorisede scappano rotolando verso un sud più vacanziero e accogliente.

L’aria è morbida ed appiccicosa e sembra volerti proibire ogni movimento che non sia accendere il ventilatore o bere una bottiglia d’acqua. Per il resto tutti  i sopravvissuti dal fuggi fuggi estivo aspettano l’arrivo del tramonto come una manna caduta dal cielo: quelle ore in cui il sole è a riposo sono accolte con un giubilo   che neanche la vittoria dell’Italia agli Europei potrebbe eguagliare e ogni sera sembra che debba essere l’inizio di una vacanza, una vacanza dal sole a picco e dal sudore perenne che peraltro non si lascia certamente sconfiggere dal tramonto e torna a imperlare le schiene e le fronti di tutti i cittadini non appena questi si distraggono e smettono di sventolarsi con un ventaglio di fortuna.

E cosa succede durante quelle ore senza sole? Quelle ore in cui la terra sembra concedere un po’ di riposo agli eroici reduci della lotta per l’aria condizionata? In pratica niente! La prospettiva di dover affrontare un’altra giornata di caldo stronca la maggior parte degli abitanti della città che trovano più pertinente rimanere tra le proprie mure domestiche a lamentarsi del caldo e di Pokemon Go su Facebook piuttosto che affrontare le strade deserte alla ricerca di un filo di vento e di un po’ di socialità.

E così è solo una minoranza di coraggiosi che decide di affrontare l’asfalto e iniziare la caccia a una birra ghiacciata e a un alito di aria che rompa l’atmosfera solida e melmosa della lunga giornata appena trascorsa.

Solitamente io faccio parte di questa minoranza che, attenzione!, in una città come Roma è sempre una quantità considerevole di gente che sarebbe superficiale sottovalutare…sopratutto quando hai intenzione di cercare posteggio a Trastevere!

Già, perché a quanto pare Trastevere è la meta a cui tutti coloro che hanno deciso di svoltare in qualche modo la propria serata romana agognano. E con più precisione la meta del pellegrinaggio non è semplicemente Trastevere ma il Tevere Expo, termine pseudochicchettoso per definire le bancarelle che da quando mi ricordo hanno sempre popolato le sponde estive del Tevere.

Una via di mezzo tra una fiera di paese con tanto di tira a segno e chiromanti  e il lungomare di un paese che vede vita e soldi solo nella stagione estiva, il Tevere Expo accoglie o meglio raccoglie tutti coloro che hanno voglia di reagire alla pigrizia della calura unendosi a una fiumana di corpi che mollemente si snoda tra una bancarella e l’altra con qualche breve stop nei numerosi locali che offrono il miraggio di una bevanda rinfrescante ad alto contenuto di ghiaccio ed alcol diluito.

Così anche io mi unisco alla mollezza della situazione e mi lascio trasportare da una bancarella all’altra soffermandomi ogni tanto a osservare oggetti totalmente inutili accompagnata da almeno una decina di canzoni diverse: a ogni merce la sua colonna sonora.

Ed è proprio mentre ondeggio a ritmo di questa processione commerciale che alcune note sembrano prendere il sopravvento sulle altre. Mi guardo in giro e scorgo qualche metro più avanti una piccola folla a semicerchio intorno alla pedana bianca di un locale altrettanto bianco.

Mi avvicino e mi sembra che improvvisamente l’atmosfera sia cambiata, la mollezza che ha accompagnato tutto il mio percorso fino ad adesso è scomparsa: la piccola folla è fatta di persone divertite che fanno chiasso con un’energia che, fino a due secondi prima, sarebbe sembrata un miraggio.

Ballano tutti dal più grande e grosso alla ragazza su dei trampoli troppo alti per essere identificati come tacchi. E mentre ballano  guardano un punto ben preciso della pedana: lì vicino le casse c’è un ragazzetto di colore alto alto e secco secco che li ipnotizza con ogni suo movimento.

Anche lui sta ballando, ammesso che il verbo ballare possa descrivere appieno quello che sta facendo. Forse è riduttivo parlare di ballo per chi sembra respirare a ritmo di musica: ogni centimetro della sua pelle sembra rispondere a un beat diverso e ogni nota sparata dalle casse sembra essere accolta dai muscoli del suo corpo con la stessa naturalezza con cui l’acqua scorre sul letto del Tevere qualche metro più in là.

C’è felicità nel suo sguardo mentre si muove senza nessuno sforzo sulla pedana bianca. Ed è forse questo che ha ipnotizzato tutti quanti. Non credo sia un ballerino professionista, sulla consolle ci sono delle cuffie abbandonate che sembrano, piuttosto, rivelare la possibilità che sia stato assunto per mettere musica questa sera.  E quelle cuffie abbandonate raccontano più di mille parole: è quella felicità, quel cedere all’istinto che infonde ritmo nella vita del piccolo semicerchio.

Tutti i reduci sembrano risvegliarsi da un lungo sonno chiamato estate grazie a un ragazzetto che balla su una pedana sulle rive di una città chiamata Roma.

E mentre mi allontano, mi torna alla mente una frase di un film: “Perché il senso della vita in questo pazzo mondo è solo il rock ‘n roll”.

Amen.

L.T.

 

Nessuna risposta.

  1. wwayne ha detto:

    Da quello che scrivi mi sento di consigliarti caldamente questo splendido film: https://wwayne.wordpress.com/2015/09/20/voglio-farcela/. Per noi appassionati di musica è semplicemente imperdibile. L’hai già visto?

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