Papà Giuseppe Verdi

Papà Giuseppe Verdi

Vi faccio subito una domanda: chi può dirsi genitore? Chi alleva i figli o è sufficiente generarli biologicamente?

Le domande semplici sono sempre quelle più insidiose, perché dietro la banalità apparente con cui l’essere umano necessita di etichettare quanto lo circonda troviamo mondi di sfumature.

Per esempio Verdi delineò personaggi dotati di spiccatissimo senso di paternità e raccontò meravigliosamente i rapporti padri-figli nelle sue opere ed in vita non ebbe figli biologici, quindi non si rifaceva alla sua esperienza diretta.

Certamente quanto dovrebbe definire principalmente un Artista è la sensibilità, da cui dovrebbe derivare quindi la capacità empatica di entrare in connessione con il sentire altrui, quale esso sia e senza giudizio (uso il condizionale perché posso assicurare che purtroppo sono molti di più gli artisti egoici che i sensibili…quantomeno non è detto che arte e sensibilità vadano sempre insieme).

Per rendersi conto di questa sua stupenda capacità vi riporto un paio di esempi.

Primo fra tutti Rigoletto, cortigiano deforme ed intriso di cinismo ed amarezza per questa sua condizione, da cui si sente oppresso e schiavo, che è anche padre amorevolissimo e protettivo verso la sua amatissima figlia Gilda.

I cambi di emozione e di espressione del sé sono evidenti in Rigoletto durante tutta l’opera, di cui vi consiglio il duetto straziante con la figlia, dopo che il Duca di Mantova ha abusato di lei. L’amore consolatorio, tenerissimo e straziato di Rigoletto è evidente, oltretutto anche con un’ombra di senso di colpa per il non averla saputa proteggere.

Altro padre verdiano per eccellenza è Giorgio Germont ne La Traviata che però assolve anche il ruolo di simbolo della borghesia ipocrita e puritana, in contrapposizione all’Amore, quale che sia la sua manifestazione.

Egli convince – manipolandola sapientemente a livello psicologico- Violetta a lasciare il figlio Alfredo, poiché il promesso sposo della figlia (sorella quindi di Alfredo) non vuole più sposarla. Violetta, che mai ha avuto la gioia di essere amata dal suo vero padre, cede a Germont padre, che le parla appunto come un padre, facendo leva su questa fragilità individuata in lei.

Verso il figlio, oltre a proteggerlo, lo rimprovera anche aspramente per  i comportamenti di debolezza ed immaturità, più da ragazzo che da uomo, a cui si lascia andare durante l’opera.

Quindi, a suo modo, Verdi risponde alla domanda iniziale e lo fa perentoriamente suggerendoci che a fare il padre è più la sensibilità che la genetica.

Laura De Santis

 

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