L’altra faccia del Natale e Ungaretti
Ormai si fa il conto alla rovescia per l’arrivo di questo giorno. Ma non tutti o almeno non sempre.
Almeno una volta nella vita è capitato a chiunque di noi di trovarsi gravati da pene e dolori furiosi, che non conoscono tempistica se non la propria ed arrivano quando decidono loro. Anche a Natale.
Nell’euforia imposta della festa ‘a comando’ (o festa ‘comandata’, come usa dire) i dolori, che quando sono veri non conoscono parole per contenerli, si enfatizzano.
Altra cosa che avrete notato è l’enfatizzarsi dei litigi e delle tensioni familiari, come un acuirsi dell’esasperazione all’obbligo della ‘presenza’ comune.
Insomma non è detto che il Natale sia il soave quadretto dipinto abitualmente dalla reclame. Anzi.
Lo sapeva bene Ungaretti che, tornato dal fronte in licenza, è a Napoli il Natale 1916 ed ha impresse nell’animo gli orrori che ha visto in guerra. Non vuole far fingere che vada tutto bene, non vuole dimenticare. Anzi, emerge da questi versi una preghiera ad essere lasciato in disparte, addirittura implora di essere dimenticato (come una cosa posata in un angolo e dimenticata, dice)
Un paio di cose da notare per immergerci ed amare ancora di più il mondo di questo Poeta.
Una è che è Poesia priva di punteggiatura. Procedimento che porta a sottolineare il discorso unico di questa necessità di raccoglimento, rispetto alla baldoria da festa da cui è circondato.
L’altra cosa che vi invito ad osservare è quanto questa opera poetica sia lunga e stretta, che è tipicità delle Poesie scritte da Ungaretti nel periodo della Prima guerra mondiale, come a riverberare il fronte anche visivamente, in questa forma stretta ed allungata della versificazione.
La gioia non può essere obbligata ed Ungaretti solleva le maschere sorridenti in cui a volte ingabbiamo le nostre stesse pene. Questo è il suo regalo di Natale.
Natale di Giuseppe Ungaretti
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Laura De Santis