“Le golose” di Gozzano, l’uomo che sovverte le etichette

“Le golose” di Gozzano, l’uomo che sovverte le etichette

Gozzano, il torinese, è “catalogato” come Poeta crespuscolare e dandy, quindi avvicinato a D’Annunzio. Ma, come vi ho detto spesso, le etichette valgono proprio ben poco. Prima di tutto la sua scrittura, ed il suo sguardo, è sempre colmo di raffinata delicatezza, tutta sua, non rintracciabile in altri del suo tempo.

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Poi ecco la Poesia, scritta nel 1907, che vi presento oggi a sovvertire decisamente le ‘definizioni’ affibbiate a Gozzano.

Infatti ecco dei versi buffi, surreali, pieni di vita (ed in effetti in molta della sua produzione poetica troviamo invece riferimenti alla morte ed alla sconfitta nel vivere). Qui i suoi versi risplendono di luce e vita.






Gozzano amava le donne con fervente ammirazione le osservava e le descriveva. In questa Poesia ce le racconta mentre scelgono e mangiano pastarelle, quindi in un pulsante assioma di vita e cibo.

Se ci fate caso, sembra di guardare delle fotografie, dove Gozzano, da favoloso osservatore, le descrive ognuna colta nella propria unicità che la caratterizza, dalla scelta del dolce prelibato a come lo mangia, ed è straordinario come, tramite questi particolari, riesca a farci arrivare il carattere di ognuna di loro

 

Le Golose di Guido Gozzano

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

 

Signore e signorine –

le dita senza guanto –

scelgon la pasta. Quanto

ritornano bambine!

 

Perché nïun le veda,

volgon le spalle, in fretta,

sollevan la veletta,

divorano la preda.

 

C’è quella che s’informa

pensosa della scelta;

quella che toglie svelta,

né cura tinta e forma.

 

L’una, pur mentre inghiotte,

già pensa al dopo, al poi;

e domina i vassoi

con le pupille ghiotte.

 

Un’altra – il dolce crebbe –

muove le disperate

bianchissime al giulebbe

dita confetturate!

 

Un’altra, con bell’arte,

sugge la punta estrema:

invano! Ché la crema

esce dall’altra parte!

 

L’una, senz’abbadare

a giovine che adocchi,

divora in pace. Gli occhi

altra solleva, e pare

 

sugga, in supremo annunzio,

non crema e cioccolatte,

ma superliquefatte

parole del D’Annunzio.

 

Fra questi aromi acuti,

strani, commisti troppo

di cedro, di sciroppo,

di creme, di velluti,

 

di essenze parigine,

di mammole, di chiome:

oh! Le signore come

ritornano bambine!

 

Perché non m’è concesso –

o legge inopportuna! –

il farmivi da presso,

baciarvi ad una ad una,

 

o belle bocche intatte

di giovani signore,

baciarvi nel sapore

di crema e cioccolatte?

 

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

Laura De Santis

 

 

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