La rabbia delle donne
La cultura in cui moltissime donne sono cresciute è quella che teme la rabbia femminile.
Si prescrive il silenzio per evitare che la collera diventi distruttiva, ma così facendo la rabbia ribolle dentro impedendo il pensiero e l’azione.
È necessario che venga insegnato che esiste una rabbia giusta che può diventare un potente mezzo di cambiamento.
Quando qualcuno mi parla della rabbia,quasi sempre ne parla con disprezzo, come una maledizione da evitare.
Quando ci si riferisce alla rabbia di qualcun altro, l’atteggiamento di critica e disapprovazione è ancora più intenso.
La rabbia fa paura.
La rabbia non è ben vista, soprattutto quando a sperimentarla è una donna.
Siamo figli dell’idea che la donna debba dare la vita e per farlo debba essere gentile, pacata, sensibile alle richieste dell’altro, in ogni momento e in qualsiasi circostanza.
Questo ideale costringe molte donne a tacere la rabbia, come una malattia di cui vergognarsi, temendo che lasciandola libera distrugga tutto.
Si mostra, quindi, solo gentilezza, modi affabili e curati.
La cultura dominante ha cresciuto le donne con “porgi l’altra guancia”e noi la porgiamo.
Scrive Clarissa Pinkola Estés:
Può aver dentro (la donna) una sorta di rabbia diffusa che la costringe a scavare, scavare, scavare, o a ricorrere alla freddezza come anestetico, o a pronunciare parole dolci quando vorrebbero castigare e offendere. […] Molte donne così afflitte decidono di procedere a un gran ripulisti, di non essere più meschine e di mostrarsi più gentili, più generose”.
La rabbia tanto temuta viene sotterrata.
Apparentemente sembra di sentirsi meglio, ma questo stato è di breve durata.
Il silenzio permette di sopravvivere, ma non è pace, quanto piuttosto un vulcano che ribolle dentro, che consuma le sue stesse pareti in attesa di esplodere.
La rabbia “incistata” inquina tutto: pensieri, idee, momenti vissuti; non permette il pensiero e l’azione.
Quello che difficilmente viene insegnato alle donne, è che esiste una rabbia giusta, una collera che non distrugge,ma anzi permette di ricostruire quanto era già stato spezzato.
Si tratta di una rabbia che deve venir fuori, che non deve essere nascosta ma ascoltata.
In questo modo la collera sarà indirizzata e non agirà in modo indiscriminato.
La rabbia che viene fuori in modo salutare può diventare un potente mezzo di cambiamento.
La rabbia può diventare una maestra, riporta sempre Pinkola Estés:
le donne possono consultarla, interrogarla in solitudine e con le altre e agire in base alle conclusioni raggiunte. […] rimescolarla con un bastone nuovo per vedere quali usi costruttivi se ne possono fare”.
La mitezza a cui ci si costringe per non provare rabbia, può tradursi letteralmente in tacere delle ingiustizie, prevaricazioni, soprusi.
Tirare fuori la rabbia, nei modi giusti, può permettere di trovare soluzioni, portare al dialogo, far assumere responsabilità e ricevere riconciliazione.
La giusta rabbia può diventare un veicolo di progresso ed evoluzione, non distrugge ma crea, libera e nutre.
Le donne non devono temerla, ma darle attenzione e il giusto spazio, per diventare sagge e forti.
Valentina Freni
Bibliografia
Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi, Pickwick.