Il perdono è un atto creativo
La rabbia e la collera lasciano spesso dei lividi che per molto tempo fanno male. Curarli è possibile attraverso il perdono.
Perdonare però non è un atto semplice e prestabilito, ma come riporta la psicoanalista Pinkola Estés è “un atto creativo” fatto di più livelli, momenti e stagioni.
Per arrivare al perdono è necessario attraversare 4 fasi.
Qualcosa è accaduto e ha rotto il nostro equilibrio.
Ci siamo arrabbiati, ma abbiamo quanto fosse necessario far sgorgare la giusta collera, in modo che non diventasse distruttiva.
Adesso ci aspetteremmo di stare bene, di essere di nuovo in forma, ma invece sentiamo ancora irrequietezza e agitazione.
Come cantava Luciano Ligabue “Ho messo via un po’ di legnate, i segni quelli non si può, che non è il male, né la botta, ma piuttosto il livido”.
I lividi, si sa che fanno male per un po’ e non sempre possiamo prevedere quando si ritireranno.
A volte, i lividi continuano a far male per anni, diventando un punto dolente che ogni tanto si fa sentire, rendendo silenziosi, affaticati e impotenti.
Esiste un modo per curare i lividi ed è un modo contemporaneamente semplice e complesso.
Si tratta di Perdono.
Sul perdono sono state scritte milioni di pagine.
La cultura stessa da cui proveniamo, ne ha fatto uno dei suoi pilastri, dicevamo “porgi l’altra guancia”.
Questo però non è sufficiente e spesso quello che pensiamo debba essere il perdono, è molto lontano dalla nostra esperienza quotidiana.
Siamo abituati a pensare al perdono come un magico smacchiatore che pulisce qualsiasi onta con un colpo di spugna, una sola volta e al 100%.
La realtà non è così e il perdono è una faccenda molto più complessa, fatta di più stadi, di più stagioni e soprattutto di livelli differenti.
Scrive la psicoanalista Clarissa Pinkola Estés:
Il perdono è un atto creativo. Avete un’ampia scelta fra molti modi onorevoli. Potete perdonare per ora, per un po’, fino alla prossima volta, perdonare ma non offrire ulteriori possibilità […] Potete offrire una sola possibilità, varie possibilità. Offrirle soltanto se. Potete dimenticare un’offesa in parte, per metà o del tutto […] Sta a voi decidere”.
Perdonare non è quindi una modalità già stabilità ma si costituisce secondo il nostro sentire.
Per arrivare al perdono, sempre secondo Pinkola Estés, è necessario attraversare 4 fasi.
La prima fase: Prendere le distanze.
Per potere iniziare a perdonare è necessario per un po’ distaccarsi da quanto è accaduto, allontanarsi.
Lasciare un spazio non contaminato da pensieri sulle persone coinvolte o sugli eventi, per dedicare le proprie energie ad altro e non ritrovarsi esausti e privi di forza.
L’allontanarsi non vuole dire solo escogitare una grande fuga, ma può trattarsi anche di concedersi piccole pause dal dolore e dalla rabbia.
La seconda fase: Astenersi.
Astenersi dalla vendetta, dal castigo e da tutti i pensieri a questo collegati.
Astenersi significa praticare la pazienza, la generosità, la calma.
Questa fase agisce come una purificazione
La terza fase: Dimenticare.
Dimenticare non vuol dire far finta che non sia mai accaduto qualcosa, ma scegliere di non indugiare più su quanto è successo, metterlo da parte, non continuare a rimestarlo.
Non cancellare, ma mettere “a riposo l’emozione che avvolge la memoria”.
La quarta fase: Perdonare.
Questa fase è il culmine di tutte le precedenti e corrisponde alla decisione attiva e conscia di smettere di nutrire risentimento.
Significa rinunciare alle rappresaglie; rispettare la sofferenza e salutare la collera, restando fuori da ciò che accaduto.
Il bottino dell’ultima fase e quindi del Perdono stesso è la libertà.
Essere liberi vuol dire non volere niente, non aspettarsi più nulla, non essere più trattenuti.
Con il perdono non ci sono più catene a legarci.
Si può ricominciare, si può intraprendere un nuovo sentiero senza lividi, solo qualche ruga in più, solo una nuova saggezza.
Valentina Freni