Una foto per Mr S: Linda Brown siamo noi

Una foto per Mr S: Linda Brown siamo noi

L’Ignoranza si combatte con la conoscenza: una foto per ricordare la storia e imparare a costruire un futuro migliore. Oggi vi parliamo della bambina afro americana che mise fine alla segregazione razziale: Linda Brown.

In questi giorni ho meditato a lungo se proporvi o meno una foto che ritraesse la deportazione ebrea o che raffigurasse qualche personaggio scomodo eliminato brutalmente perché andava contro gli interessi dello Stato. Solo che, più passava il tempo, più i fatti di cronaca a cui assistiamo giornalmente mi hanno fatto venire in mente un’altra parola: segregazione.

Per segregazione razziale si intende:

Rigida separazione dei gruppi etnici (nei quartieri di abitazione, nei luoghi di ritrovo, nell’accesso a professioni e cariche pubbliche, a scuole e servizi pubblici ecc.), soprattutto come sistema applicato da governi razzisti in alcune nazioni a popolazione mista.

Per molti di noi questo concetto è estremamente lontano, relegato ai libri di storia (che purtroppo nessuno studia più) e ad alcuni film sulla storia AfroAmericana che ci fanno tanto indignare ma che dimentichiamo poco dopo averli visti.

Così, alla fine della fiera, ho deciso  di proporvi questa foto che ritrae Linda Brown, ossia la bambina nera che fece valere il proprio diritto all’uguaglianza allo studio.

Che detta così potrebbe sembrare una cosa scontata, ma stiamo parlando di fatti avvenuti nell’America del 1950:

Dov’è l’uguaglianza se le scuole sono segregate?

Facciamo, dunque, un passo indietro.

Linda Brown aveva nove anni quando suo padre cercò di iscriverla a una scuola vicino a casa sua, che era frequentata solo da bambini bianchi.

La scuola per neri più vicina, la Monroe, era a due miglia di distanza e per raggiungerla la bambina avrebbe dovuto attraversare pericolosi cantieri ferroviari. E questo solo per prendere l’autobus che l’avrebbe portata a destinazione. La stessa Linda disse in un’intervista di qualche anno fa che ogni volta era un’avventura.

Mio padre credeva molto nella giustizia e sentiva che era sbagliato per i neri accettare di essere cittadini di seconda classe. Questo significava essere costretti ad attraversare la città per andare in lontane scuole all-black, quando, in realtà,  nei loro quartieri c’erano scuole che potevano frequentare. E questo è uno dei motivi per cui si rivolse alla legge, riteneva che fosse sbagliato per sua figlia dover andare così lontano per ricevere un’istruzione di qualità”. Linda Brown

Infuriato per l’ingiustizia, Oliver Brown divenne l’attore principale in una causa  contro il Topeka Board of Education. All’inizio la Corte distrettuale rispose che esisteva già una sentenza del 1896 a questo proposito, chiamata  separati ma uguali”, la quale stabilisce che l’uguaglianza dei diritti non si scontra con la segregazione. Si possono esercitare gli stessi diritti  in due luoghi ( e quindi in due scuole) diversi e lontani.

Ricevuta questa risposta, il padre di Linda non si arrende: la sua battaglia continua. I Brown si rivolgono, infatti, alla Corte Suprema tramite la NAACP (Associazione Nazionale per l’Avanzamento dei Popoli Colorati ) e lì accade l’imprevedibile.



Il 17 maggio 1954 la Corte Suprema degli Stati Uniti decise all’unanimità in favore di Brown vs Board of Education.  

È incostituzionale la divisione federale in studenti bianchi e studenti neri, in quanto nega ai bambini neri il diritto a una uguale protezione legale.

E così, con questa sentenza, i Brown cambiarono la Storia. Linda, come si può vedere nella foto che vi ho proposto, poté frequentare una scuola per bianchi e, da quel momento in poi, la lotta per i diritti civili prese avvio.

Certo, non stiamo raccontando una favola, dunque è chiaro che una volta fatta la sentenza la strada fu lunga e tortuosa: gli studenti neri furono accompagnati a scuola dalla polizia per anni. Ma come dice Jeff Colyer, governatore del Kansas: «Il caso Brown è stato una pietra miliare nella storia dell’America».

Perché alla fine, per ogni sopruso che si fa in nome di una superiorità razziale non ben identificata, c’è sempre qualcuno che si alzerà in piedi e combatterà per i propri diritti. Questa è resilienza ed è una qualità che è comune agli uomini e alle donne di tutte le razze.

Caro Mr S, questa foto è per te.

 

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L. T.

 

 

 

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