Un viaggio emotivo nel tempo: “Una pioggia di aghi di pino” di G. Lamberti

Un viaggio emotivo nel tempo: “Una pioggia di aghi di pino” di G. Lamberti

Un viaggio emotivo tra passato, presente e futuro. Pungente. È una sensazione pungente quella che permea il racconto onirico “Una pioggia di aghi di pino” di Gaetano Lamberti.

Pungente, come l’ago argentato sapientemente usato da una tenera nonna.

Pungente, come l’improvvisa iniezione di flebo sull’avanbraccio destro.

Pungente, come la delicata pioggia di aghi di pino caduti al suolo.

Pungente, come la percezione di una cannula tracheostomica infilata in gola.

Pungente, infine, come la scarica di elettrodi avvolti in una matassa su tutta la superficie corporea.

Sulle note di una soave canzone d’amore, una poetica rappresentazione d’altri tempi apre la scena.

Accomodata su un freddo sedile di un vagone della metropolitana, una nonnina dalla canuta chioma è intenta a decorar sacri ghirigori su un panno di candido lino. Sopraggiunge da una epoca remota per incontrare il suo adorato nipotino. Sa dove cercarlo, sa come trovarlo, sa dove condurlo.

L’incredulità del riconoscersi in un’identità parentale comune lascia il posto, fin da subito, allo stupore del percorso da intraprendere insieme. In questo insolito ed inaspettato incontro famigliare, passato e presente viaggiano all’unisono verso un futuro dalle tinte fosche e per nulla rassicuranti.

Con un balzo repentino, dall’ambiente asettico della stazione ci si ritrova catapultati nel silenzio di un oscuro cimitero dove l’incedere di passi incerti conduce alla scoperta di un’amara verità. Dettagli di vita vissuta sembrano confondere assodate certezze.

Le rassicurazioni di una nonna tutt’altro che sprovveduta camuffano un amorevole inganno. Il loro non è un incontro di piacere, non è una semplice visita di cortesia scambiata tra lontani parenti. L’eternità è la meta finale del cammino. Un’eternità a cui lo spaesato nipote non riesce ad opporre resistenza, vittima inerme di trappole letali che, con effetti opposti e contrari, sottraggono ossigeno e linfa vitale, donando la vita.

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Seguendo una narrazione costellata di piccoli indizi, inizia man mano a palesarsi il vero protagonista del racconto, il passato. Un passato  tornato a chiedere il conto. Un passato dal quale ci si è allontanati o magari fuggiti, ma le cui tracce segnano per sempre la vita futura. La segnano a tal punto da spingere una nonnina indifesa ad intraprendere un viaggio nel caos metropolitano, accompagnata soltanto da antichi strumenti di lavoro ed una canzonetta di amore devoto.

Il passato non dimentica, è onnipresente, e a volte prende le sembianze delle persone a noi più care che lo hanno abitato ed arricchito. Ha un potere talmente attrattivo da incitare atti estremi qualora lo si voglia rinnegare o semplicemente accantonare. I suoi tentacoli sono sempre pronti ad afferrarci e a farci sprofondare nelle viscere di un abisso di memorie, ricordi ed affetti mai dimenticati.

Potremmo annegare tra quelle spire, fino a soffocare. Ed è proprio questo il destino assegnato al protagonista del racconto. Smettere di respirare l’aria della vita nuova per assaporare, anche solo per la durata di un sogno, l’odore della terra, il sapore di antichi luoghi, il calore di vecchi legami.

L’oblio del sangue che scorre nelle vene non riesce a vincere la battaglia contro la memoria degli affetti. Le distanze non riescono ad avere la meglio sull’ attrazione viscerale con l’origine della vita. Ed è proprio nei momenti di incertezza, nei periodi in cui sembra arrivare la svolta, una pioggia di aghi di pino cade dal cielo.

Silenziosi come lacrime su un volto segnato di nostalgia, rappresentano il pianto delle radici, simbolo di un legame eterno che mai morirà. Lungi dall’avere timore, la memoria dei nostri antenati rappresenta l’ossigeno vitale per procedere su nuovi passi con la consapevolezza, e una speranza inconscia, di avere sempre al nostro fianco una nonna pronta ad asciugare le lacrime con un panno di candido lino decorato con l’immagine, rassicurante, di Gesù bambino.

Pungente. Sì, il compito del passato è proprio questo. Pungere il presente con i suoi ricordi. Spendersi in ogni modo pur di non rinnegare se stesso. Perché, a volte, bisogna pungersi per svegliarsi dal letargo della memoria, dal sonno dentro il quale viviamo la quotidianità.


Angelo Urbano

Photo by Daiga Ellaby on Unsplash

Il racconto al link qui sotto:


https://www.rivistagradozero.com/2018/10/21/racconto-una-pioggia-di-aghi-di-pino-gaetano-lamberti/amp/

 

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