In lutto per Notre Dame
Notre Dame de Paris è bruciata ieri sera. Dopo 800 anni passati incolume, la sua guglia è crollata lasciando tutti sconvolti e addolorati per la perdita di uno dei capolavori del mondo.
Questo non è un articolo in cui si vuole dare una soluzione o suggerire un metodo per affrontare un lutto. Probabilmente non sarei in grado di scriverlo e di dire cose abbastanza intelligenti da passarla liscia. Quindi lascio l’arduo compito ad Alessandra e Valentina.
Le mie parole vanno prese come una riflessione. Come un pensiero nato dal constatare che alla notizia dell’incendio della Dama di Parigi abbiamo tutti provato un’infinita tristezza, un vuoto e un senso di mancanza non ben definito.
È la perdita della bellezza incontestabile di Notre Dame a scuoterci?
Vorrei rispondere di sì, almeno per buona pace dei miei studi artistici e dei lunghi anni passati china sull’Argan.
Ma la verità è che no, non è solo la perdita della bellezza a lasciarci così frastornati. Sicuramente l’eccezionalità architettonica di Notre Dame fa parte del pacchetto, ma la faccenda non si riduce solo a questo.
Quella tristezza, quello sgomento di fronte alla notizia del fuoco che distrugge una delle guglie più famose del mondo hanno a che fare con la caducità della vita e delle cose che, una volta di più, ci viene sbattuta in faccia.
Mi spiego meglio: Notre Dame esiste da 800 anni, è sopravvissuta a due guerre mondiali, alle minacce atmosferiche di secoli su secoli, per tutti noi era un dato di fatto che fosse sempre lì ad aspettarci, pronta mostrarsi al nostro sguardo quando ci affacciavamo sulla Senna.
Lo so, ogni giorno lavoriamo su noi stessi per accettare la brevità dell’esistenza, nostra e dei nostri cari. Non è un percorso facile, il primo istinto di un essere umano è la sopravvivenza, proprio per questo abbiamo la necessità di costruirci delle certezze. Delle cose che restino lì a testimonianza del nostro passaggio sulla terra, che ci confortino facendoci pensare che qualcosa in questo mondo è destinato a durare.
Notre Dame era una di quelle certezze. Era un muto e stabile esempio di resilienza.
Il tempo è cieco e l’uomo è stolto.
Victor Hugo
Così diceva Hugo, a proposito della cattedrale parigina che a suo dire era in uno stato di degrado inaccettabile. Così ripeto io in questo articolo: il tempo ci aveva fatto dimenticare che avremmo potuto perdere Notre Dame e, in qualche modo, ce l’aveva fatta dare per scontata.
Pensavamo che l’avremmo trovata sempre lì, uguale a se stessa, pronta a illuminarsi al tramonto e farsi scattare delle foto ricordo? Non è più così.
La storia, il mondo hanno dei percorsi complessi che, se facciamo veramente attenzione, tendono a scardinare ogni sicurezza.
Le cose cambiano. Nel bene e nel male. E quello che ieri c’era, oggi può non esserci più.
Le ultime notizie dicono che i due campanili sono salvi e che si tenterà un restauro per recuperare tutto ciò che il fuoco ha distrutto. Ma, ammesso che ciò avvenga, Notre Dame de Paris sarà cambiata e i nostri ricordi dovranno prendere nuove forme.
Certamente il fatto che abbia cercato di resistere, che non sia crollata del tutto, che in qualche modo abbia combattuto contro la voracità del fuoco, conferma l’anima resiliente della cattedrale.
Sì, sono consapevole che le architetture non hanno un’anima, ma vorrei suggerire l’idea che sono i nostri sguardi, i nostri ricordi, i nostri sentimenti a donargliene un pezzetto ogni volta.
E ieri sera erano milioni gli sguardi che erano rivolti verso Notre Dame de Paris.
Laura T.