Salvare la Storia. Perché?

Salvare la Storia. Perché?

Questo è un altro articolo di pancia, un articolo per dare voce a una riflessione personale nata dalla notizia che alcune brutte persone (intellettuali, artisti e scrittori) stanno firmando un manifesto per salvare la Storia.

Che cosa significa tutto questo? Perché si sente la necessità di rivendicare un’azione tanto estrema come quella di salvare la Storia?

Sì, sono di quelle persone che considerano l’atto di salvare qualcosa di estremo. Se si pensa, infatti, all’etimologia della parola, salvare viene dal latino “Salvus” e significa (cito testualmente dal Vocabolario Treccani):

Sottrarre a un pericolo materiale o spirituale, spec. alla morte. Salvare qualcuno da sicura morte.

Morte, signori. Non stiamo parlando di una sbucciatura alle ginocchia, ma della morte di qualcuno/qualcosa. E in questo momento stiamo, quindi, parlando della morte della Storia.

Beh, dirà qualcuno, muoiono ogni giorno un sacco di persone per fame, guerra e malattie. Muoiono i migranti nell’indifferenza dell’Europa. Perché dovremmo preoccuparci della Morte della Storia?

La Storia non respira, non ha figli e, soprattutto, non ha soldi da offrire a nessuno di noi per ricordarci della sua importanza.

Quindi se la dimentichiamo che problema può essere?

Per rispondere a questo quesito devo andare per gradi.

Innanzitutto devo fare almeno due premesse.

La prima è che queste mie parole non vanno prese come una volontà di fare una lezioncina saccente sull’importanza dello studio, c’è gente più in gamba di me (primi fra tutti Camilleri e Liliana Segre) che può spiegarvi nel dettaglio perché studiare è importante. La mia, come ho detto all’inizio, è solo una riflessione e la sto scrivendo con lo stesso atteggiamento che avrei in una conversazione con un’amica.

La seconda è un coming out doveroso: a me la Storia piace. Cioè io sono esattamente quel tipo di persona che da piccola si vedeva tutte le trasmissioni di Piero Angela su gli Antichi Romani, Atzechi e Rivoluzione Francese. Ho uno scaffale della libreria con varie biografie storiche che ho letto semplicemente per diletto e, quando sono andata al Museo Egizio di Torino, ci sono stata un’intera mattinata. Ho trascinato famiglia, amici e chiunque riuscissi a convincere in vari campi di concentramento perché volevo vedere con i miei occhi l’orrore nazista e, per fortuna, ci sono ancora persone che dopo questa esperienza mi vogliono bene.

E tutto questo non fa di me un mostro a tre teste, vado a vedere i film della Marvel, ascolto musica su Spotify e ho perfino Instagram!

Ho fatto questa confessione per puro desiderio di chiarezza: il mio punto di vista è quello di una persona che ama la Storia e che, quindi, crede sia doveroso salvarla.

Se dopo questa ammissione, vi sto estremamente antipatica potete anche smettere di leggermi e andare per la vostra strada: lo capirò e resteremo amici come prima.

Se, invece, avete ancora voglia di sapere quello che ho pensato, potete passare al prossimo interrogativo.

Perché mi piace la Storia?

Sono seria, mentre mi pongo questa domanda. In realtà, prima di oggi, non me l’ero mai posta: sapevo che mi piacciono le cose storiche, ma non mi ero mai interrogata in proposito.

Provo a rispondere insieme a voi.

Probabilmente è perché mi dà sicurezza. Cioè non è che studiare le morti, le guerre, le pestilenze sia una passeggiata di salute. La Storia è, in moltissimi aspetti, atroce. Ma la sensazione che ho è che conoscerla mi dia la sicurezza di conoscere il presente, di capire meglio i meccanismi che ci hanno portato fin qui.

Potreste obiettare che “la Storia è stata scritta dai vincitori“. È una frase fatta, ma conserva una certa dose di autenticità. Nessuno può obiettare che è così.

Ma è anche vero che se inizi a sommare tutte le vicende che, secolo dopo secolo, si sono avvicendate una dopo l’altra, un quadro più ampio appare davanti ai tuoi occhi: troppe dinamiche si somigliano, troppi fattori sono uguali ad altri e si ripetono costantemente anno dopo anno.

In pratica, se ti impegni, potresti diventare uno Sherlock Holmes della Storia e capire cosa c’è sotto alla Storia che è stata scritta da chi ha vinto la guerra. E dicendo questo non vi sto invitando a gridare al COMPLOTTO, ma semplicemente a leggere gli eventi con uno spirito critico attivo.

Dalla regia psicologica (alias l’altra salottiera Alessandra), mi dicono che la Storia ci dà il senso della nostra identità e ci fa capire chi siamo. È il nostro modo per dare una continuità e un’appartenenza al nostro vivere.

Sapere la Storia è un po’ come sapere chi è nostro padre e chi è nostra madre. Senza origini storiche, saremmo tutti degli orfani alla ricerca delle nostre radici.

Quindi scendere in piazza in difesa della Storia significa, secondo me, difendere la propria identità di individuo. E questo mi sembra un diritto sacrosanto e inalienabile.

Sono stata da poco in Brasile per lavoro e, tra le persone che ho incontrato, c’era un ragazzo la cui ricerca artistica era tutta incentrata sulla ricerca delle sue origini e di quelle dei suoi antenati.

Immaginatevi cosa può significare non sapere da dove veniamo, qual è il nostro paese di origine e i motivi per i quali non siamo più lì. Immaginatelo e concentratevi sulla sensazione che ne deriva.

Vi sentite mancare la terra sotto i piedi?

Ecco, questo è il motivo per cui studiare la Storia è importante.

L.T.

Questo è l’appello da cui è nata la mia riflessione, spero di non avervi annoiato troppo e che abbiate un po’ di tempo per andarvelo a leggere:

https://www.repubblica.it/robinson/2019/04/25/news/la_storia_e_un_bene_comune_salviamola-224857998/

 

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