Halle Bailey, la Sirenetta che sconvolge il Web
È appena uscita la notizia che Halle Bailey sarà la nuova Sirenetta della Disney e già il web è diventato il solito inferno di sterili polemiche.
Di solito il Salotto non commenta mai le polemiche che a giorni alterni infiammano il popolo del web perché tendenzialmente poco hanno a che fare con i concetti basilari che hanno dato origine a questa “stanza virtuale”: Resilienza, Libertà e Rispetto.
Solo che stavolta la scelta della Disney e i commenti che ne sono derivati hanno suscitato in me una riflessione che ho deciso di condividere: sta a voi decidere se vale la pena continuare a leggere i miei modestissimi pensieri a riguardo o se passare avanti e amici come prima.
Faccio una doverosa premessa (sì, una delle mie solite e ineluttabili premesse): non amo particolarmente i live-action. Li trovo un modo molto furbo dell’industria cinematografica di ovviare a una carenza di soggetti e idee, lucrando sulla nostalgia di miliardi di bambini cresciuti a pane e cartoni animati della Disney.
Sì, lo so. Hollywood è abbastanza furba da rimpastare la vecchia farina con elementi nuovi e tematiche piuttosto contemporanee (vedi il riscoperto femminismo di Belle e Jasmine e l’omosessualità di Le Tont), ma un remake resta un remake e non ha nulla a che vedere con la peculiarità e la creatività dei prodotti originali.
Se già questa affermazione vi sta dando l’orticaria, vi sconsiglio di andare avanti con la lettura: da qui in poi le cose peggioreranno e arriverò a dire che la scelta di un’attrice di colore per il ruolo de La Sirenetta mi sembra assolutamente azzeccata.
Eh, già… Io non sono tra le persone che stanno gridando allo scandalo per la scelta poco conforme all’immaginario disneyano canonico. Anzi, proprio per quanto detto sopra, trovo l’idea assolutamente adatta a svecchiare un carrozzone che si trascina dietro una tradizione di circa 30 anni di capelli rossi e gabbiani parlanti.
Una protagonista come Halle Bailey può davvero modificare in maniera interessante una storia che già conosciamo tutti e che oggettivamente aveva davvero poche possibilità per sorprenderci: la carta del femminismo se l’erano già giocata in due Live Action, cos’altro potevano dirci di nuovo sulla Sirenetta? Decidere di farla morire come nella storia originale?
E, invece, no! La Disney, colosso e asso piglia tutto, continua a confermarsi furbescamente al passo con i tempi e decide di soffermarsi su uno degli aspetti più interessanti ( ma anche meno analizzati) della favola di Andersen: ladiversità.
Sì, perché, in fondo Ariel è una diversa: fa addirittura parte di un’altra specie e studia gli esseri umani con la stessa attenzione che Jane Goodall riservava ai suoi adorati scimpanzé.
Cosa c’è, dunque, di male nello scegliere un’attrice di colore piuttosto che un’attrice bianca per interpretare la Sirenetta?
Da tutti i punti di vista, sembra un’azzeccata scelta di marketing che si lega indissolubilmente a un messaggio positivo sul concetto di diversità e rispetto per l’altro.
Ma il popolo del web non è d’accordo e urla pestando i piedi di ridargli Ariel caucasica e rossa esattamente come un bambino a cui si è tolto di mano il giocattolo preferito.
Solo che lungi dall’avere l’innocenza infantile dalla sua, il popolo del Web nasconde il razzismo che lo anima adducendo motivazioni tipo il rispetto della storia originale ( ripeto, in Andersen Ariel muore!) e le origini danesi delle sirene ( che, in realtà, sono presenti in tutte le mitologie mondiali dal Brasile al Giappone e sfido che quest’ultime abbiano i capelli rossi), arrivando perfino a creare una petizione per restituire ad Ariel il suo look iconico licenziando la Bailey.
Io posso comprendere il legame affettivo che ognuno di noi ha con i miti della nostra infanzia ( La Sirenetta è uno dei miei cartoni preferiti e il primo che ho visto al cinema), ma mi sembra assurdo che non si riesca ad accettare un concetto semplice come la libertà creativa che da sempre è alla base del cinema. Anche di quello commerciale come nel caso dei Live Action, su cui all’inizio dell’articolo ho già chiarito la mia opinione.
Se una scelta può portare a esplorare nuovi territori, creare nuovi stimoli e ampliare il nostro immaginario perché condannarla a priori? Se dovesse seguire sempre le regole del canone e le aspettative del pubblico, il cinema potrebbe celebrare il proprio funerale già domani.
La sua forza sta nel conciliare le aspettative e la creazione di nuovi mondi, altrimenti i ridurrebbe a un juke box di immagini in movimento.
Noi abbiamo già avuto la nostra Sirenetta dai capelli rossi e occhi azzurri, perché le nuove generazioni non possono avere la loro con riccioli afro e occhi castani?
Se poi ne sentissero la necessità c’è sempre il cartone animato del 1989 da guardare e riguardare, vi assicuro che anche dopo 30 anni resta un’opera geniale da tutti i punti di vista.
L. T.