La Filosofia dell’eccessiva positività: quando troppo buono è troppo male!
Da tempo immemore la filosofia e la letteratura ci invitano a rileggere la realtà e la negatività sempre in chiave positiva. Ma questo atteggiamento può nascondere pericolosi rischi.
Il Bene e il Male sono due concetti molto semplici e allo stesso tempo molto complessi.
Da sempre, i pensatori si sono domandati che cosa fossero, se esistessero e come interpretarli.
Anche oggi continuiamo a porci le stesse domande, non più con la funzione metafisica di stabilire se c’è un Bene assoluto o il Diavolo, ma con l’idea di sapere trovare dei principi che guidino il comportamento comune e quello dei singoli individui e che ci consentano di interpretare la realtà.
Sant’Agostino pensava che il Male assoluto non esistesse ma che esistesse un male fisico, frutto del fatto che il mondo e gli uomini sono fatti materia imperfetta; inoltre pensava che esistesse un male morale ovvero delle conseguenze negative che derivano dalle libere scelte fatte da ognuno.
Il male, però, era inevitabile in quanto parte del processo previsto dal divino per giungere al Bene.
Una posizione saggia che puntava a far accettare ai cristiani perplessi i dolori che purtroppo la fede non poteva curare.
Immaginatevi di essere cristiani nei primi secoli dopo Cristo, quante sciagure e sventure potevano capitare e quanti pochi mezzi per affrontarle.
Tutto concorreva a un bene superiore.
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Molti secoli dopo, nel 1913, E. Porter scriverà Pollyanna, un romanzo in cui la protagonista, un bambina chiamata appunto Pollyanna, si ritrova orfana ed è costretta ad andare vivere con un’austera zia.
La bambina grazie alla sua vivacità e alla sua intelligenza, inventa il “gioco della felicità” che consiste nel trovare qualcosa di positivo in ogni cosa e situazione, riuscendo così a superare la situazione negativa e riuscendo a farsi amare da tutti, compresa la zia.
Cosa c’entrano Sant’Agostino e Pollyanna?
Entrambi insistono sulla bontà di quelle esperienze che a prima visto sono negative, sono male e portano conseguenze spiacevoli.
è un atteggiamento molto costruttivo che spinge a non arrendersi e a ricercare una motivazione, una spinta o una consolazione per poter andare avanti.
Molti terapeuti invitano i propri pazienti a seguire questa linea; allo stesso modo molti guru o coach con i loro seguaci.
Si insiste sempre che è tutto bello e buono.
Esiste un altro rischio, che questo atteggiamento costruttivo diventi un mondo per non guardare in faccia la realtà, diventando distruttivo.
Un modo per non riconoscere la gravità di una situazione, sfruttando la convinzione illogica “che se non lo riconosco, non succede”.
Quello che gli psicoanalisti chiamano Diniego.
Non riconoscere la gravità di una situazione e abbandonarsi a soli pensieri positivi, senza una reale valutazione può essere pericoloso.
Può portare le persone a non prendere provvedimenti, a non mettersi al sicuro, a non valutare opzioni più utili.
Abbandonarsi a una positività estrema rende insignificanti i problemi ma allo stesso tempo, non attiva le persone e non le motiva a ricerca soluzioni.
Quindi, si pensate positivo mantenete sempre d’occhio la realtà che vi circonda.
Valentina Freni