“Jojo Rabbit”, con Hitler nella tana del coniglio!

“Jojo Rabbit”, con Hitler nella tana del coniglio!

Una divisa perfetta, un amico immaginario a motivarti e una Patria da difendere. Questo è il mondo di Jojo detto Rabbit. Ebbene sì, lui vorrebbe essere un eroe impavido e coraggioso come il suo idolo, eppure non è così semplice essere un soldato per uccidere a sangue freddo.

La quantità di film che la Seconda Guerra Mondiale ha ispirato e continua tuttora ad ispirare ha dell’incredibile. Questa opera di Taika Waititi , liberamente tratto dal romanzo del 2004 Il cielo in gabbia di Christine Leunens, racconta il Terzo Reich dal punto di vista un bambino. Non un bambino qualunque, ma un vero e proprio fanatico Nazi, come dirà con rassegnazione e preoccupazione la madre interpretata da Scarlett Johansson.

Jojo è un bambino che vive con la madre e che sogna di entrare nell’esercito e dare il suo prezioso contributo alla Patria nell’eliminare il mostro ebraico ed elevare la razza ariana.

Raccontato con toni parodistici, le scene iniziali hanno un chè di estraniante e surreale. Tuttavia il film di Waititi è più di quel che sembra.

Un film attuale sull’infanzia, sulla diversità e sul trovare la propria identità che sia personale o culturale. Jojo è figlio del suo tempo, il tempo del Terzo Reich: indottrinazione acritica senza alcuna teoria alla base e disciplina militare la fanno da padroni.

Ma attenzione così si finisce per credere a tutto quello ci raccontano! Un imbarazzante eroe, per l’appunto il suo amico immaginario, è il suo compagno di avventure; Hitler è colui che lo guida nel difficile mondo esterno e lo sostiene nelle difficoltà che si incontrano quando si vorrebbe appartenere ad un gruppo per sentirsi meno diversi.

Nell’arduo percorso di sviluppo che ci porta dall’età dell’infanzia all’età adulta, si fa qualsiasi cosa per sentirsi un po’ meno diversi.

Hitler di Waititi è una miscela di tante cose: di ciò che il protagonista “conosce” del dittatore, di come lo immagina e come lo vorrebbe. Altro non è che una figura accanto a lui nei momenti difficili. L’Hitler di Jojo è l’immagine di un bisogno: il bisogno di sicurezza e di decodificare un mondo che lo spaventa e giudica.

Dall’altro lato abbiamo invece gli adulti, che così adulti non sono in realtà; si divertono a giocare alla guerra insieme ad altri bambini (questi anagraficamente reali) e ripetono frasi per sentito dire. Così gli ebrei non sono più esseri umani, ma creature con le corna che dormono nelle caverne e così via.

Un articolo a parte meriterebbe il personaggio della madre di Jojo. Il suo esser madre e donna è l’emblema della Libertà. Non condivide gli ideali del figlio, lo si intuisce subito che abbiamo a che fare con un personaggio ben diverso da tutti gli altri, ma allo stesso tempo affronta direttamente con il figlio la questione, non vedremo mai il confronto tra i due. Gioca, scherza e ride con il figlio e con quella parte di lui nascosta, ma che è ancora presente. Gli racconta la Libertà e l’Amore. Questi atti valgono più di mille spiegazioni.

La paura fa brutti scherzi, si sa. Siamo pronti a rinunciare alle nostre libertà per sentirci più sicuri, per non dover affrontare da soli le sfide.

Jojo Rabbit è una favola inquietante dove gli esseri sovrannaturali non sono gli “altri da noi”, gli ebrei e non solo, ma siamo noi stessi.

Alessandra Notaro

 

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