Calendario dei Sentimenti | Perché tutte noi odiamo Giulietta?
Quando pensiamo a Romeo e Giulietta di William Shakespeare, il primo personaggio figo che ci viene in mente è Mercuzio. Il secondo è Romeo, ma solo perché di solito è interpretato da un bel figliolo. E Giulietta?
Giulietta viene dimenticata. Perché pur prestando il proprio nome all’opera romantica più conosciuta e copiata del mondo, Giulietta viene considerata pressoché inutile.
D’altro canto pur nella sua inutilità, viene spesso innalzata a modello di eroina femminile romantica. Cosa che viste le premesse mi è sempre sembrata un tantino contraddittoria e quantomeno dispregiativa verso il genere femminile: per essere un modello romantico, la donna deve sparire dietro le spalle forti ed estremamente più interessanti del maschio.
Povere donne, povera Giulietta! Ma anche poveri maschi condannati a innamorarsi di personaggi della stessa consistenza del nulla!
Ecco perché quasi tutte le storie romantiche finiscono in tragedia: se veramente si andasse oltre al “vissero e felici contenti e tutti morti”, sapete a che vita di noia sarebbero condannati gli eroi maschili? Poeti che non trovano nessun barlume di intelligenza e sagacia nelle proprie compagne! Cavalieri che, una volta finita la guerra e curate le ferite, si chiedono di che cosa possono parlare con le proprie mogli!
Ovvio che a Giulietta non resti altra alternativa che essere odiata da tutti noi.
Ma conoscendo lo spirito sagace del Bardo, è davvero possibile che un suo personaggio sia “INUTILE”? O, anche in questo caso, il Romanticismo ha fatto qualche danno alla nostra visione?
Andiamo con calma e partiamo innanzitutto dai commenti, più o meno lusinghieri, che nel corso degli anni ho ascoltato nei confronti della povera Giulietta.
- Una ragazzina di 14 anni che cade vittima dei propri sentimenti ( e dei propri ormoni);
- una svenevole che pensa solo a Romeo e si dimentica dei suoi doveri familiari;
- una marionetta inconsapevolmente vittima del destino beffardo;
- Giulietta è solo una sostituta di Rosalinda ( che fin dalle prime battute del dramma sappiamo aver rifiutato Romeo).
Commenti che letti così, senza un’adeguata analisi, sembrano contenere un fondo di verità. E in effetti qualcosa di vero lo affermano, tipo che Giulietta a 14 anni e che cade vittima di un destino beffardo.
Quello a cui non si presta attenzione è che, all’epoca di Shakespeare, una ragazza di 14 anni non solo era in età da marito, ma era considerata pronta a diventare madre. E che quindi pur rimanendo giovane, una certa consapevolezza in più il personaggio doveva avercela per forza di circostanze storiche ed educazione.
Quindi dipingerla come una giovane ingenua che si fa trascinare in una storia più grande delle sue forze dall’ormone, o dall’amore che dir si voglia, è quantomeno riduttivo, se non proprio antistorico.
E infatti se andiamo a rileggere il testo, va bene l’ormone giovanile, va bene l’amore, va bene tutto, vediamo subito che Giulietta sapeva benissimo che se avesse ceduto a Romeo senza farsi sposare, sarebbe stata rovinata per sempre.
E quindi cosa fa? Si lascia andare all’amore senza nessuna riflessione come l’eroine tappetino di oggi farebbero? O dice al proprio amante: “Caro, io ti amo. Ma se tu non ti comporti seriamente e mi sposi, qui non si fa niente e tu puoi benissimo sparire dalla mia vita.”?
Certo, trattandosi di Shakespeare, lo dice con molta più poesia e garbo di quel che ho usato io, ma alla fine dei giochi il succo del discorso non cambia.
Di conseguenza, è vero che Giulietta si innamora di Romeo e che per lui farà delle vere e proprie follie ( come farsi rinchiudere in coma in una tomba piena di scheletri). Ma è anche vero che non perde mai la consapevolezza di se stessa.
La nostra eroina sa perfettamente chi è e, proprio per questo, combatte con tutte le sue forze per difendere il proprio amore. Un amore osteggiato da null’altro che dalle inutili lotte degli adulti che Giulietta riduce con estrema lucidità e arguzia in un problema di cognomi:
Che cosa vuol dire la parola Montecchi? Non è una mano, o un braccio o un viso, né un’altra parte che appartiene ad un essere umano.
Se Romeo, infatti, si fosse chiamato Rossi nessuno avrebbe avuto da che ridire sul loro amore e questo Giulietta lo sa. E proprio per questo, a suo rischio e pericolo, decide di andare oltre.
In pratica nel momento stesso in cui chiede a Romeo di sposarla, afferma che il suo diritto di amare è molto più importante della rivalità tra Montecchi e Capuleti.
E una volta presa questa decisione, non tornerà più indietro: continuerà a combattere fino alla morte in nome dell’amore.
Niente male, direi, per un personaggio considerato inutile.
E allora dov’è nato l’inghippo che ci ha portato a denigrare Giulietta e, di conseguenza, a odiarla?
Sicuramente alla base di tutto c’è un problema di interpretazione del personaggio: quasi tutte le versioni teatrali e cinematografiche hanno puntato su un’immagine di Giulietta fragile e ingenua.
Una donna, anzi una ragazzina che viene trascinata nel gioco dell’amore da Romeo e che da quest’ultimo non riesce a essere salvata per uno scherzo del destino. Una damigella in pericolo che l’eroe non riesce a trarre in salvo. Non certo una ragazza capace di organizzare il proprio matrimonio segreto, sfidare i genitori in nome dell’amore, bere una droga che la farà cadere in coma e uccidersi con una pugnalata.
E non sto inventando nulla perché è tutto scritto nei versi di Shakespeare: tra i due amanti di Verona, è quasi sempre Giulietta a pianificare, organizzare, decidere cosa fare. Lo fa guidata dall’impeto della gioventù, ma non si può negare che, nascosta dietro la sua inesperienza, ci sia un’indole coraggiosa e determinata.
E per notarlo basta andarsi a rileggere l’opera senza i soliti pregiudizi, ma lasciandosi semplicemente guidare dalle parole del Bardo che, anche nel suo caso, ha voluto regalarci un personaggio a tutto tondo: Giulietta è timida, giovane, innocente, ma allo stesso tempo è risoluta, arguta e, perché no, in alcuni momenti anche divertente e provocante come solo un’adolescente potrebbe essere ( vi ricordo che è lei a dire ” Allora le mie labbra hanno il peccato che han tolto dalle tue”).
Quindi cosa l’è capitato? Come si è trasformata nella bidimensionale damigella da salvare che tutti conosciamo?
Se da un lato sembra quasi che Giulietta sia stata punita per aver osato sfidare i genitori e la morale prendendo decisioni autonome ( peccato di Hybris dicevano i greci). Dall’altro sembra essere vittima di una semplificazione di routine: la visione canonica dell’innamorata è quella dell’eroina in pericolo e, di conseguenza, tutte le interpretazioni femminili teatrali e cinematografiche si devono attenere a questo modello.
Per quale ragione? Probabilmente perché seguire sempre lo stesso modello è rassicurante e sicuramente toglie di mezzo un sacco di dubbi, interrogativi ed elucubrazioni mentali “inutili”.
Ma dopo tutte queste parole, vi starete chiedendo perché ho dedicato un episodio del Calendario dei Sentimenti proprio a Giulietta. La verità è che l’ho odiata cordialmente per anni, fin quando non ho realizzato che il motivo per cui mi stava tanto antipatica è che il misunderstanding interpretativo di cui era vittima è lo stesso che opprime tutti gli innamorati del mondo: la donna deve per forza interpretare il ruolo della damigella in pericolo; l’uomo deve essere il cavaliere senza macchia e senza paura.
E se l’uomo vuole essere salvato? E la donna è dotata di spirito di intraprendenza? Chi decide che non sono adatti a interpretare il ruolo degli innamorati?
Solo perché è più rassicurante rientrare in certi norme comportamentali, non vuol dire che siamo tutti obbligati a seguirle. Altrimenti dove sta la varietà di questo grande palcoscenico chiamato mondo?
Detto ciò, vi lascio riflettere sulla questione con un solo monito:
Siate la Giulietta o il Romeo che volete essere!
L.T.