Calendario delle Donne Resilienti | 3 cose che possiamo imparare da queste famose fotografe

Calendario delle Donne Resilienti | 3 cose che possiamo imparare da queste famose fotografe

fotografe

Oggi lasciamoci ispirare dalla resilienza e dalla creatività di queste tre famose fotografe. Da ciascuna di esse possiamo trarre degli insegnamenti da riportare nel nostro quotidiano, anche se non siamo delle artiste e la fotografia è rilegata alla fotocamera del nostro cellulare, sappiate che tutti abbiamo una storia da raccontare. Questa è la loro e cosa ci insegnano.

C’è chi ha scelto come mezzo espressivo la fotografia. Il vostro qual è?

Vivian Maier, allenare lo sguardo nei confronti del quotidiano

Non hai bisogno di una fotocamera costosa per fare grandi foto. Non bloccatevi a pensare ai megapixels, troppo pochi, o alla lente poco costosa e vecchia che avete a disposizione. L’importante è scattare!

La prima fotocamera di Vivian Maier fu la Kodak Brownie, una camera amatoriale, senza alcun controllo della messa a fuoco, nessuna apertura e una sola velocità dell’otturatore. Insomma molto simile alle nostre “usa e getta”!

La maggior parte delle sue foto erano un unico scatto di una scena. Un tempo infatti non era usuale fotografare a raffica, cosa che invece ci consente il digitale. Qualche volta quando vedeva che la scena era particolarmente interessante allora si focalizzava su di essa e poteva arrivare anche ad 8 scatti della stessa.

Vivian Mayer imprimeva sulla pellicola il suo mondo. Documentare la realtà così come faceva questa fotografa ci da la possibilità di far conoscere il nostro sguardo su una particolare realtà sia essa familiare e quotidiana, come nel caso della Mayer, oppure crudele e inaspettata. Cosa puoi conoscere meglio se non la realtà che vivi? Puoi dare agli altri il tuo particolare sguardo sulle cose, portare alla coscienza altrui situazioni di vita oppure emozionare e permettere all’altro di uscire da se stesso.

Preserva la vita così come essa si consuma sotto i nostri occhi.

Alcune sue foto sembrano essere scattate a persone che erano consenzienti in quanto sorridono e guardano dritti in camera, quindi potremmo presupporre che abbia scambiato qualche parola prima di scattare.

I ritratti della Mayer e i soggetti presenti anche nelle foto di street sono ripresi da vicino: non temeva di avvicinarsi e diventare partecipe della scena.

Vivian Mayer ci ricorda di allenare il nostro sguardo! Osservate e attendete che qualcosa colpisca il vostro sguardo, dopo di che non temete di entrare nel vivo dell’azione e far parte della scena stessa!

Diane Arbus, guardare il mondo attraverso gli occhi degli altri con sensibilità e rispetto

Famosa per i suoi ritratti agli emarginati dalla società e ai freak, in un formato quadrato a lei abbiamo dedicato questo articolo. Tra le sue foto possiamo trovare transgender, nani, nudisti, circensi, tutti “amati” fotograficamente dalla Arbus. Le sue foto non cercano la pietà e la compassione dello spettatore, ma si percepisce guardandole rispetto e amore verso i suoi soggetti.

I lavori di Diane Arbus sono stati espressamente criticati ed è spesso conosciuta come “la fotografa dei freak” gettando così i suoi soggetti e il suo lavoro sotto una cattiva luce.

I suoi lavori colpiscono per l’autenticità del momento. Riesce a catturare l’istante nelle sue foto quasi sospese nel tempo, mentre un azione è in atto. Guardando le sue foto puoi ritrovarti a pensare “qualcosa qui sta accadendo” sia esso un gesto o un’emozione.

“Se fossi stata solo curiosa sarebbe stato difficile dire ad uno sconosciuto “Voglio venire a casa tua, parlare con te e ascoltare la storia della tua vita”. Voglio dire, le persone avrebbero risposto “sei pazza”. Per lo più sarebbero stati sull’attenti, ma la fotocamera è una licenza.

Essere fotografati dalla Arbus dava loro l’attenzione che cercavano e meritavano. Dall’altro lato Diane Arbus poteva acquisire una conoscenza più profonda del suo soggetto e ritrarlo in questa nuova consapevolezza. In realtà l’Arbus ci spiega che non sempre la foto corrispondeva a quello che era il suo intento, regalandosi così una prospettiva nuova e altra.

Quello che intendo descrivere è l’impossibilità di uscire dalla tua pelle per entrare in quella di un altro. E questo è il senso di tutto. Che il dramma di qualcun altro non è mai uguale al tuo

Alcuni fotografi possono cadere nella ripetitività, invece se cerchi di approfondire sempre di più in termini di conoscenza o approccio all’arte, non solo le tue immagini saranno molto più forti, ma avranno un potere e un significato per lo spettatore.

Fotografa “con il Sangue” direbbe Rodrigo De Sousa, il direttore d’orchesta nella serie Mozart in the Jungle. Non temere di immergerti nelle asperità e crudeltà della vita. Segui la tua pancia e il tuo cuore alla ricerca di ciò che per te è autentico.

Capisci cosa ti affascina e cosa o chi vorresti conoscere veramente. Per Diane Arbus i soggetti erano più importanti della foto stessa. Le persone sono tridimensionali, mentre una foto è bidimensionale

Letizia Battaglia, scoprire la propria voce e portare avanti la propria causa

“Non sono una tecnica, non sapevo niente della fotografia. Forse sapevo dell’esistenza di Cartier-Bresson. Forse” Terminiamo, almeno per oggi, con una fotografa italiana Letizia Battaglia, la fotografa siciliana diventata famosa per le sue foto alle vittime di mafia.

Letizia Battaglia ha scoperto tardi il suo talento e la sua spiccata dote per la fotografia, aveva 40 anni quando ha impugnato la fotocamera portandola tra le strade di Palermo a documentare la vita che si consumava nella criminalità. Erano gli anni di piombo, gli anni dei morti ammazzati quando Letizia inizia a lavorare per il famoso giornale d’inchiesta L’Ora. Raccontare la mafia era il suo lavoro.

Ha dovuto combattere per scattare quelle foto rimaste impresse e indelebili nella nostra mentre perché tanto reali quanto spaventose. Il suo sguardo non ha mai avuto ripensamenti o pudicizia, quelle scene di sangue e mafia andavano impresse, tutti dovevano sapere gli orrori che si consumavano in quel periodo.

La Battaglia si è anche occupate di donneMi sono sempre piaciute le donne: osano di più, rischiano di più e fanno anche più fesserie degli uomini. Questo mi piace.”

Un enorme parte del suo lavoro, non meno importante, è dedicata alla gente comune. I suoi soggetti sono ritratti tra le strade granitiche della città da un occhio che non invade il loro spazio ma che si avvicina il giusto, come se la fotografa stesse cercando di non spaventarli per non perdere la loro autenticità.

La realtà nuda e cruda tuttavia è rappresentata all’interno di una cornice compositiva elegante e attenta.

Queste sono solo alcune delle grandi fotografe che hanno sfidato gli stereotipi di genere e hanno abbracciato la macchina fotografica per raccontare il mondo con il loro particolare e unico sguardo

Alessandra Notaro

 

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