Le parole taciute di Kafka “Caro padre ti scrivo…”
Nella ricorrenza della Festa del papà sarebbe davvero coinvolgente per tutti quei figli distanti, non solo fisicamente, rivolgersi al padre con un piccolo gesto, un semplice pensiero, uno sguardo di intesa o anche una risata complice per rinsaldare, o quantomeno provarci, una relazione spesso fatta di silenzi assordanti, ossequiosa obbedienza o sterili saluti.
“Mio caro papà, non è molto che mi hai chiesto perché asserisco di aver paura di te.
Come al solito non ho saputo rispondere, un po’ per la paura che tu mi incuti, un po’ perché, per motivare questa paura, occorrono troppi particolari che non saprei cucire in un discorso. E se ora provo a risponderti per iscritto, anche questa risposta sarà in completissima, poiché pur scrivendo mi sento impedito dalla paura e dalle sue conseguenze, e perché la vastità dell’argomento, supera di molto la mia memoria e la mia intelligenza.”
Lettera al padre, Franz Kafka
Sono davvero intense le parole che il giovane Kafka rivolge al suo papà, con il quale sembra non essersi mai sviluppato un rapporto intimo e confidenziale. Nel suo pensiero, in verità, è condensato l’atteggiamento usuale che spesso caratterizza il rapporto tra i figli e questa figura genitoriale tanto importante quanto schiva e, spesso, circondate dal classico timore reverenziale.
Da sempre considerato membro autoritario della famiglia al quale portare rispetto ed ubbidienza, il padre ha dovuto rinunciare, per assolvere il suo ruolo educativo, ad instaurare un rapporto più emotivo con i propri figli. Dovendo provvedere alle necessità più strettamente legate alla sopravvivenza e al sostentamento della famiglia, il suo approccio relazionale si è contraddistinto, nella maggior parte dei casi, per una sfumatura più razionale e utilitaristica. Qui potrete leggere la lettera per esteso.
In questo estratto Kafka racconta i pochi momenti felici vissuti con il padre:
“Ad esempio quando, nelle estati più calde, subito dopo pranzo ti vedevo addormentarti in negozio, col gomito sullo scrittoio; o quando la Domenica, affaticato, venivi a goderti con noi la frescura estiva; […] o quando durante la mia ultima malattia ti sei avvicinato pian piano a me, nella camera di Ottla, sei rimasto sulla soglia allungando soltanto il collo per vedermi nel letto, e per riguardo ti sei limitato a salutarmi con la mano. In tali occasioni ci si coricava e si piangeva per la felicità, e si piange anche ora che si scrive. Hai anche un modo particolarmente bello, e molto raro a vedersi, di sorridere: placido, contento e promettente, che può rendere felice colui al quale è diretto. Non ricordo che nella mia infanzia mi sia stato espressamente rivolto, ma potrebbe benissimo essere accaduto, infatti perché mai avresti dovuto negarmelo allora, quando ti sembravo ancora innocente ed ero la tua grande speranza? Inoltre anche queste impressioni gradevoli alla lunga non hanno avuto nessun altro effetto se non quello di accrescere il mio senso di colpa e rendermi il mondo ancora più incomprensibile.”
Non sono insoliti, ancora ai giorni nostri, alcuni vissuti “freddi” nel rapporto padri-figli anche se, in realtà, rispetto al passato sono stati fatti molti progressi nella sensibilizzazione e responsabilizzazione del ruolo paterno anche in una prospettiva più emotivamente coinvolgente.
Lungi dal parificare le funzioni o le modalità di interazione con quelle tipicamente materne, da sempre più empatiche nei confronti dei figli, è possibile però rilevare che anche il papà, a suo modo, sarebbe perfettamente in grado di instaurare una reciprocità di sentimento, fiducia ed attenzione verso i propri figli in grado di valorizzare al meglio le peculiarità della sua funzione educativa rinsaldandone il profondo legame.
“L’impossibilità di avere con te un dialogo pacato portò ad un’altra conseguenza molto ovvia: disimparai a parlare. La tua minaccia ‘non ammetto obiezioni’ e la tua mano alzata mi accompagnano da allora“
Nella ricorrenza della Festa del papà sarebbe davvero coinvolgente per tutti quei figli distanti, non solo fisicamente, rivolgersi al padre con un piccolo gesto, un semplice pensiero, uno sguardo di intesa o anche una risata complice per rinsaldare, o quantomeno provarci, una relazione spesso fatta di silenzi assordanti, ossequiosa obbedienza o sterili saluti. Perché, a volte, un sassolino lanciato nello stagno può scatenare un’onda emotiva travolgente e ravvivare animi spenti e delusi.
Per i tutti quei figli che, al contrario, hanno un ottimo rapporto col papà e approfitteranno di questa giornata per inondarlo ulteriormente di baci, carezze, coccole e abbracci, ricordate che la prima domenica di maggio è la festa della mamma!
Buona festa del papà a tutti!
Angelo Urbano