#LastWords| Le ultime parole delle vittime del pregiudizio razziale
Mi affascina sempre come nel linguaggio si nascondano visioni del mondo. Pezzi di realtà nascosti tra le lettere, negli ideogrammi, nell’etimologia o nelle radici. La giornalista e artista iraniana Shirin Barghi ha collezionato le ultime parole dei ragazzi afroamericani uccisi dalla polizia e trasformate in potenti illustrazioni.
Le illustrazioni nella loro semplicità restituiscono l’emozione della parola, come se fossero fotogrammi dello spettro acustico di quelle ultime parole.
Il progetto di Shirin Barghi, #LastWorlds, mi ricorda come tra la parola inglese “Word” (parola) e la parola “World” (mondo) ci sia la sola differenza di una lettera. Quella stessa lettera che ai tempi della scuola era subdola e portava con sè il rischio di un brutto segno rosso sul tuo compito in classe e un punto in meno ai fini della valutazione finale dell’elaborato scritto in inglese.
Adesso che non abbiamo più quel timore e che il tempo ha portato con sè un ulteriore maturazione possiamo fermarci a contemplare la differenza tra queste due parole molto vicine e separate da una sola lettera. Quella lettera “L”sembra voler affermare e confermare nella sua semplicità quanto già detto e scritto da illustri filosofi e psicoanalisti sulla funzione della parola.
La parola, e il linguaggio in generale, raccontano e hanno il potere quasi magico di dare forma al tuo mondo.
Parola e mondo, word e world, separate da una sola lettera. Il mondo, nella sua accezione più ampia chiaramente, è il riflesso della tua parola con una “L”, una misteriosa lettera, nel mezzo. Allo stesso tempo il tuo linguaggio è fondato sul mondo, questa volta però privato di quella L. A cosa corrisponda questa L, lascio a voi amici del Salotto il tentativo di trovare risposta.
Mi interessava oggi riflettere con voi su come il linguaggio e il mondo o realtà (esterna, ma anche interna come ha svelato la psicoanalisi) che dir si voglia siano profondamente interrelati tra loro. Come ci insegnano gli studiosi del linguaggio, cambiare lingua, parlare inglese piuttosto che russo, cambia anche il modo di pensare.
Ed ecco quindi come le ultime parole delle vittime di una cieca e brutale violenza dettata dai pregiudizi razziali,accompagnate dalle illustrazioni, ci diano un’immagine chiara ed emozionate di quale mondo hanno visto prima di morire.
Traduzioni e integrazioni di Alessandro Loddo
“Un uomo lo stava osservando”, ha detto Rachel Jeantel, 19 anni, che era al telefono con Trayvon, di 17 anni, poco prima che questo fosse ucciso a colpi d’arma da fuoco. “Ha detto che l’uomo continuava a guardarlo. Continuava a lamentarsi che un uomo lo stava solo guardando”.
Trayvon Martin è stato ucciso dal capitano della guardia di quartiere George Zimmerman mentre camminava verso la casa di suo padre.
Freddie Gray, 25 anni. È in custodia da parte della polizia. Muore una settimana dopo a causa di gravi lesioni al midollo spinale in Baltimora
Kajeme Powell, 19 anni. Il filmato di uno smartphone contraddice la dichiarazione della polizia, mostrando Powell che si avvicina alla polizia con le mani sul fianco. I poliziotti hanno iniziato a sparargli in meno di quindici secondi dal loro arrivo, colpendo Powell con una raffica di pallottole.
John Crawford, 22 anni, aveva in mano una pistola giocattolo quando un poliziotto gli ha sparato.
Eric Garner, arrestato a Staten Island con l’accusa di vendita di sigarette sfuse e non tassate e trattenuto con una “chokehold” (ndr: la mossa con la quale si immobilizza da dietro una persona, limitandone o bloccandone il respiro) dal poliziotto di New York Daniel Pantaleo. La giuria di Staten Island ha deciso di non incriminare Pantaleo, nonostante un coroner abbia riferito che la morte di Garner fosse un omicidio.
Sean Bell, 23 anni, ucciso la notte prima del suo matrimonio. Durante la festa, il giorno prima di sposarsi dei poliziotti infiltrati cercavano prove di spaccio di droga, per arrestare il titolare del Night-Club. Per scherzo qualcuno parlo’ di tirare fuori delle pistole e gli agenti spararono 50 colpi in 3 minuti sui ragazzi che festeggiavano. Sean Bell fu ucciso e i suoi due testimoni sono tutt’oggi invalidi.
Kendrec McDade, 19 anni. Il poliziotto ha detto di aver detto a Kendrec di fermarsi mentre lo inseguiva a piedi, senza però avergli dato nessun ordine prima di sparargli.
Kendrec è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco dalla polizia che ha risposto a una chiamata del 911 a proposito di una rapina a mano armata. Il chiamante ha detto che McDade era armato nella speranza di ricevere una risposta più rapida da parte della polizia.
L’aspirante studente universitario Amadou Diallo è stata scambiato per uno stupratore seriale da quattro ufficiali in borghese ( arrestato successivamente). L’ultima cosa che disse a sua madre fu che aveva risparmiato $ 9.000 per le spese del college.
Michael Brown, 18 anni. Deceduto dopo essere stato ripetutamente colpito da proiettili sparati dal poliziotto Darren Wilson. Michael è stato colpito senza essere stato trovato in possesso di armi, ma era sospettato – secondo la polizia locale – di un furto commesso pochi minuti prima, sebbene il fermo inziale dell’agente Wilson non fosse collegato alla rapina. Fu ucciso due giorni prima di iniziare le lezioni al Vatterott College.
Oscar Grant, 22 anni, mentre era ammanettato e con la faccia a terra il poliziotto, ha detto successivamente, avrebbe utilizzato il taser, invece ha inavvertitamente estratto la sua pistola e sparato. La storia di Oscar Grant è raccontata nel film “Fruitvale Station” (immagine di copertina).
Jonathan Ferrell, 24 anni, dopo aver avuto un incidente in auto bussa alla porta di una donna per chiedere aiuto. Lei chiama la polizia. La polizia arriva e prima ancora che Jonathan possa spiegare l’accaduto e senza aver avuto alcun ordine, la polizia gli spara dieci volte. Poi ammanetta il suo cadavere a terra.
George Floyd, 46 anni. Morto di ipertensione. La polizia non ha fatto nulla di male. Come nei precedenti casi…
Altre storie le potate trovare sul sito della giornalista e artista Shirin Barghi.
In copertina immagine tratta dal film “Fruitvale Station”
Alessandra Notaro