Dove sono le mie priorità?
Una riflessione (simpatica) sull’essere sommersi da stimoli e su come sia difficile darsi delle priorità!
Ci sono moltissime cose che attirano la mia attenzione.
Ci sono tantissime cose che vorrei fare.
C’è una grande quantità di argomenti che vorrei conoscere e a cui dedicare energie.
E sono così tante queste cose che il più delle volte mi ritrovo sopraffatta, non sono in grado di sceglierne una e rimango imbambolata.
Mi capita anche con una cosa semplice come scegliere un film o una serie su Netflix.
Ci sono state intere serate passate a scegliere, a leggere trame e chiedersi “vedo questo oppure questo?”.
Poi, improvvisamente, mi accorgevo che era l’ora della nanna e quindi la mia serata terminava lì, senza nessun film!
A quanti di voi è capitato lo stesso?
Sarebbe stato molto utile scrivere “i passi fondamentali per scegliere un film velocemente” ma purtroppo non ho ancora trovato la ricetta.
Però questa situazione simile ad altre, anche molto più profonde e interessanti, mi ha fatto riflettere.
Innanzitutto mi ha portato a rispolverare uno dei padri della sociologia, il tedesco Georg Simmel.
Simmel già nel periodo tra la fine dell‘Ottocento e l’inizio del Novecento aveva individuato una situazione simile.
I cittadini delle grandi metropoli dell’epoca erano talmente sommersi da stimoli nervosi che a un certo punto ne venivano disorientati.
Ed essere disorientati in una grande città non era una delle situazioni più vantaggiose perché bloccava gli individui e li esponeva a potenziali rischi e pericoli.
Per questo motivo, per potersi difendere da questa iperstimolazione, i cittadini assumevano un atteggiamento di distacco e di ridotta sensibilità.
Simmel chiamava questo atteggiamento Blasé e comprendeva anche altre caratteristiche legate sempre al vivere in una metropoli.
Forse non sarò un cittadino blasé, però in parte è quello che mi capita con Netflix: tutti quegli stimoli ad un certo punto mi alienano (anche se no, non divento un ufo!)
Netfllix e tutta la nostra realtà sociale (anche se viviamo in una paesino della Calabria di 6.000 persone) sono diventati un’unica gigantesca metropoli.
E ci sono troppi troppi troppi stimoli!
Questa considerazione però non risolve il problema e nel frattempo l’orologio corre e io sono ancora immobile.
Ma ho ancora una riflessione da fare, o meglio una domanda.
Sappiamo dare le giuste priorità?
É vero che ci sono una marea di stimoli interessanti e su un piano di valori oggettivi possono essere tutti ugualmente importanti, ma sappiamo dargli un valore soggettivo?
Sappiamo dire “per me X questa cosa ha questo valore indipendentemente dal mondo lì fuori?”.
E questa domanda fa nascere un’altra domanda (no, non sto nemmeno diventando Marzullo!): “Se queste cose hanno un valore soggettivo, mio e personalissimo, sono in grado di avvertirlo?”
Cioè sto ascoltando realmente le mie emozioni senza dover per forza trovare una giustificazione razionale?
Noto che nella mia esperienza questo è il passo che viene a mancare.
“Non mi sento!”
I borbottii della mia pancia e dalla mia anima dove sono?
Li ho annegati sotto chili di razionale autocontrollo che mi fa sembrare tutto quello che mi circonda uguale? Forse sì!
E se togliendo la razionalità di mezzo riuscissi a sentire qualcosa, sarei pronta ad accettare ciò che sento?
Razionalizzare aiuta ad anestetizzare le emozioni e quindi a tenerle sotto controllo.
Andare contro la razionalità può essere più difficile e faticoso dello stato disorientamento.
Ma una volta trovate le forze per accettare questa sfida, sappiate che riusciremo anche ad avere una risposta alla nostra domanda ” Questa cosa è davvero importante per me?”.
E così, non solo potremo stabilire delle priorità, ma potremo finalmente cestinare qualcosa!
Quindi, da bravi, mettiamo a tacere la nostra razionalità, disorientiamoci e facciamoci la giusta domanda:
“Tu sai quanto davvero conta per te quella cosa?”
Valentina Freni