Perchè vedere “Euphoria” è un ritorno alla nostra adolescenza

Perchè vedere “Euphoria” è un ritorno alla nostra adolescenza

Da poco tempo si è conclusa la seconda stagione di Euphoria (HBO), rifacimento dell’omonima serie israeliana ad opera di Sam Levinson, e che vede come protagonista l’attrice e cantante Zendaya. La serie racconta le storie di un gruppo di adolescenti alla ricerca della loro identità e alle prese con primi amori, sesso, droghe e traumi da affrontare.

Le ovazioni mediatiche creano spesso in me solo alte aspettative che vengono prontamente tradite, ragione per cui ho rimandato fino a questo momento la visione della serie tanto acclamata da critici e da inaspettati ammiratori. In ogni caso qualche curiosità nei confronti di Euphoria era nata, e vuoi il consiglio di Leonardo Di Caprio (inaspettato ammiratore) o la consacrazione agli Emmy Awards di Zendaya come migliore attrice in una serie drammatica, fatto sta che ho ascoltato l’onesto parere di un’amica e ho dato finalmente il via alla mia visione.

Da quel giorno in cui ho cliccato play sarà passata una settimana. In una settimana ho visto, forse divorato sarebbe l’esatta definizione, due stagioni da otto puntate ciascuna e due episodi bonus, che si inseriscono tra una stagione e l’altra, girati in piena pandemia. Il mio scetticismo è ben presto venuto meno come può suggerire la rapidità con cui ho guardato gli episodi e le storie che pian piano venivano sviscerate davanti i miei occhi.

Cos’è successo in questa settimana?

Semplice. All’improvviso mi sono ritrovata a rivivere l’adolescenza, proiettata in un fase della vita fatta di chiari e scuri, di luci e ombre, che non sempre trovano modo e tempo di essere rielaborate. Anche se non parla esattamente della mia adolescenza, sicuramente le diverse storie e l’apprezzabile montaggio, spesso onirico, offrono la possibilità di proiettare sul piccolo schermo i propri vissuti, tipici di quella fase della vita.

Uno dei grandi meriti di Euphoria, e forse anche motivo del suo successo, è la capacità di evocare una periodo storico che tutti abbiamo attraversato e di riportarci indietro nel passato, chi con la nostalgia di quel periodo, chi con il rimorso o la sofferenza propria di un momento della vita critico.

Euphoria attinge a quel sogno che è l’adolescenza in cui tutto è possibile, in cui mille possibilità e altrettante strade ci si aprono davanti, in cui tutto è amplificato: cocenti delusioni e grandi amori, bellissime amicizie e rovinosi tradimenti, e infine quella spaccatura nell’abbandonare l’età dell’infanzia per affacciarsi a quella degli adulti.

L’adolescenza può essere allo stesso tempo finestra di fronte al baratro sia via di fuga verso una nuova vita. L’adolescenza è quel punto di passaggio, quella soglia in ombra posta tra piaceri e doveri, desideri e realtà che non siamo ancora pronti ad affrontare fino in fondo.

Tormenti e lacrime fanno parte di quel momento così come le emozioni vengono sentite appieno e travolgono allo stesso modo un infante. E’ proprio il quel momento in cui non siamo più bambini, ma non siamo ancora adulti iniziamo a erigere le nostre barricate per difenderci dalla realtà che può abbatterci violentemente.

Quando le onde si fanno più violente e più grandi di noi cerchiamo rifugio nelle amicizie leali, nel divertimento sfrenato, in droghe che ci fanno dormire e dimenticare oppure nel fantasticare un’ Amore che ci salverà.

Quando siamo piccoli, i nostri genitori sono per noi degli eroi senza macchia e senza paura pronti a fare di tutto per difenderci, e li accettiamo anche nelle loro imperfezioni e nei loro errori. Più avanti siamo noi a divertirci nell’impersonare eroi ed eroine, anche se sappiamo che ci sarà sempre un adulto a coprirci le spalle nel momento del bisogno.

Infine nel suo lento fluire la vita ci chiama a dover rispondere delle nostre azioni, a dover far i conti con ciò che è stato, a dover scegliere responsabilmente. E preme affinchè le nostre azioni concordino con le scelte fatte. Siamo chiamati a scegliere come vivere, chi vogliamo essere.

L’adolescenza è quel tempo sospeso in cui quella chiamata è ancora un po’ lontana e possiamo rimandarla ancora un altro po’ fintanto che possiamo sperimentare la nostra identità e i confini della libertà a nostre spese, a volte anche ferendoci: cicatrici che porteremo con noi anche nella vita adulta.

Negli episodi bonus questo dilemma che è proprio dell’età adolescenziale è ben espresso. Sono due puntate dedicata alle due protagoniste, Rue e Jules. Nella prima ascoltiamo la conversazione tra Rue e il suo sponsor dei narcotici anonimi, Alì, subito dopo la ricaduta della protagonista, nella seconda assistiamo al primo incontro di Jules con la sua psicoterapeuta.

Questi episodi offrono uno spazio di pensiero e riflessione importanti per le due protagoniste e per noi spettatori. Sono rimaste sole di fronte le loro scelte e di fronte la vita che le ha travolte. Come dirà Alì a Rue, dobbiamo scegliere se vogliamo vivere o limitarci a sopravvivere, a trovare in noi qualcosa di più grande in cui credere e che ci dia speranza, mentre facciamo i conti con il passato e le nostre fragilità. E’ il periodo in cui realizziamo chi siamo e la nostra identità e ci scontriamo con l’immagine imposta dalla società, come nel caso di Jules che si interroga su cosa sia la femminilità e sul percorso finora fatto.

Eppure nonostante la sua tragicità, Euphoria ci fa sognare e tornare a quel tempo in cui le amicizie erano salde, ci si divertiva e si litigava per poi tornare a fare pace e ci si innamorava nuovamente, si era liberi di provare e di sognare. Ci si sentiva onnipotenti salvo poi scontrarsi in un frontale con la realtà.

“Gli alti sono molto alti e i bassi sono molto bassi”, ma anche questo contribuisce a far crescere e a sentirsi vivi.

Altra nota di merito va alla costruzione narrativa e del montaggio, oltre che alla regia dalle numerosi citazioni filmiche e da un’estetica indie, che riflette il mondo interno dei personaggi e contribuisce a farci rivivere quegli anni come se stessimo vedendo un nostro ricordo proiettato sullo schermo.

Euphoria è come un sogno in cui Eros e Thanatos non sono mai stati più vicini di così.

Non sarà una serie perfetta -quale può dirsi tale- ma assolve appieno alla sua funzione catartica. Alla fine della visione ciascuno di noi può comprendere appieno la battuta di Rue, “penso di averne passate tante, ma non so cosa farne”.

Come la Rue delle ultime due puntate ci troviamo spettatori della nostra adolescenza trasposta sul grande schermo e, anche se non coincide perfettamente con quella dei personaggi narrati, di sicuro abbiamo vissuto le stesse emozioni e possiamo realizzare infine di “averne passate tante” e di essere sopravvissuti.

Alessandra Notaro

psicoterapeuta

 

Rispondi