Pride Month e salute mentale: 3 modi per supportare l’adolescente LGBTQIA+

Pride Month e salute mentale: 3 modi per supportare l’adolescente LGBTQIA+

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Quando la maggior parte di noi pensa all’adolescenza, probabilmente pensa alla tipica angoscia adolescenziale incentrata sull’ottenere buoni voti, gestire una brutta acne o se piaci alla tua cotta. Per i professionisti della salute mentale, l’adolescenza rappresenta un periodo in cui le persone cercano di consolidare chi sono, in cosa credono e cosa vogliono. Ciò che mostra il rapporto del Trevor Project è che gli adolescenti LGBTQ non sono solo alle prese con le tipiche preoccupazioni adolescenziali, ma sperimentano anche il bullismo a scuola.

I risultati del rapporto di quest’anno purtroppo non sorprendono, ma restano profondamente inquietanti. Dei quasi 35.000 giovani LGBTQ intervistati, il 42% degli intervistati di età compresa tra 13 e 24 anni avevano preso seriamente in considerazione di tentare il suicidio negli ultimi 12 mesi e più della metà si identificava come giovane trans o non binario. Guardando più da vicino i dati, si è notato che i valori erano più alti per le persone di età compresa tra 13 e 17 anni, la fascia di età che chiamiamo “adolescenza”.

Questi numeri dipingono un quadro molto diverso dell’adolescenza dei “giovani” LGBTQIA+ ai quali appunto si aggiunge l’ulteriore preoccupazione di riuscire a sopravvivere. Questo non vuol dire che anche le preoccupazioni “tipiche” degli adolescenti non siano angoscianti. Tuttavia, pensate quanto possa essere difficile gestire sia i tradizionali dilemmi psicosociali che le identità intersezionali.

Negli anni del liceo si possono sperimentare i primi attacchi di panico innescati da esami, domande di iscrizione all’università e una “percepita” mancanza di tempo a causa delle attività extracurriculari. L’ansia può diventare cronica se a queste si aggiunge la preoccupazione di inserirsi in diversi contesti sociali come membro della comunità LGBTQIA+ e a questi possono aggiungersi altri fattori di discriminazione come l’identità culturale, il colore della pelle, il genere, ecc.

Viene spesa tanta energia emotiva e psicologica nella preoccupazione che determinate azioni, domande scomode o frasi possano “tradire il segreto” e far uscire allo scoperto la persona Queer.

La ricerca del Trevor Project ha individuato che la metà degli intervistati ha riportato di aver subito discriminazione per la propria etnia nell’ultimo anno e solo 1 su 3 ha fatto riferimento della propria appartenenza alla comunità arcobaleno.

Il Trevor Project ha rilevato che nelle due settimane precedenti al ​​sondaggio il 72% dei giovani LGBTQIA+ ha riportato sintomi di ansia generalizzata e il 62% ha riportato i sintomi del disturbo depressivo maggiore.

Questo ci porta ad una triste considerazione, ovvero che la metà dei giovani LGBTQIA+ probabilmente ha richiesto o ha avuto bisogno di una consulenza di un professionista della salute mentale nell’ultimo anno, ma non l’ha ricevuta.

Penso a quanti giovani continuano a vivere la loro vita isolati e in compagnia dei loro pensieri, incapaci di condividerli con la famiglia o con gli amici. Ciò è accaduto in particolar modo durante la pandemia di COVID-19, quando oltre l’80% ha riferito che la propria situazione di vita è stata resa più stressante e il 70% ha affermato che la propria salute mentale è stata “scarsa” per la maggior parte del tempo. Non è difficile immaginare come i sintomi della depressione e dell’ansia si trasformino nel tempo in pensieri suicidari, se nessuno fornisce loro l’ aiuto che meritano.

Come sarà l’età adulta per questi intervistati, se non ricevono aiuto? O come potrebbe essere? Nonostante gli ostacoli, credo che l’aiuto possa venire in molte forme.

Ecco come possiamo aiutarli.

Servizi di salute mentale

Primo, avremo bisogno di più servizi di salute mentale, se vogliamo ridurre il rischio di suicidio giovanile e i sintomi che rappresentano una richiesta di aiuto, come la depressione o l’ansia. Nel frattempo, dovremmo garantire che operatori pediatrici, dello sviluppo e consulenti per l’orientamento ricevano una formazione specifica per identificare i bisogni speciali dei giovani LGBTQIA+ con depressione, ansia o altri sintomi di salute mentale e che intervengano prima che il suicidio diventi un’opzione.

Le istituzioni e la politica

In secondo luogo, abbiamo bisogno di istituzioni che si facciano da garante e dobbiamo continuare a eleggere politici che lottino e proteggano i diritti delle persone LGBTQIA+.

Dobbiamo essere coinvolti anche sul piano politico. Genitori, insegnanti, medici e amici di persone LGBTQIA+ devono ritenere responsabili i politici che sostengono leggi e decreti discriminatori progettate per danneggiare i giovani. C’è bisogno che gli adulti mostrino il loro supporto soprattutto con il voto perché i giovani sotto i 18 anni non possono ancora esprimere la loro preferenza.

Condivisione

In terzo luogo, condividiamo con coraggio le nostre storie che ruotano intorno alla salute mentale per ridurre lo stigma del chiedere aiuto. Più adulti normalizzano la questione, parlando di salute mentale e cercando supporto professionale senza vergognarsi, più è probabile che i giovani si sentiranno a proprio agio nel parlare e nel chiedere a loro volta aiuto.

Celebrità LGBTQIA+ come Demi Lovato e Ruby Rose che discutono pubblicamente delle loro esperienze personali e delle difficoltà che hanno incontrato nella ricerca di aiuto per affrontare e superare i loro problemi, incoraggiano molti di noi a fare lo stesso.

These 10 LGBTQ Celebrities Have Spoken Openly About Their Mental Health Struggles | Hornet, the Queer Social Network

New Research Shows LGBTQ Youth Continue to Struggle with Mental Health (healthline.com)

 

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