Viaggiare al tempo di Instagram

Viaggiare al tempo di Instagram

Il turismo è un fenomeno sociale in continua evoluzione e strettamente legato ai mutamenti del contesto sociale ed economico. Nella società contemporanea, grazie anche al diffondersi delle immagini dei Instatourist, si sta diffondendo l’idea di un turismo poco originale, senza spazio per la scoperta e la crescita personale. Un tipo di viaggio standardizzato, lontano dal senso dell’avventura.

Il turismo è un fenomeno sociale in continua evoluzione e strettamente legato ai mutamenti del contesto sociale ed economico.
L’idea stessa di turismo nasce grazie ai mutamenti collegati all’insorgere della società capitalistica. Un ulteriore evoluzione dell’idea di turismo si ha poi con lo svilupparsi della società consumistica.

Le prime forme di turismo erano considerate elitarie e avevano come scopo principale quello di conoscere i luoghi, i popoli, le loro usanze e tradizioni.
L’obiettivo aveva, quindi, carattere educativo e formativo.

Con la società di massa contemporanea, si ha l’avvento del turismo di massa, caratterizzato da un gran numero di persone che viaggiano; l’organizzazione collettiva dei viaggi; la scelta di strutture create appositamente per i turisti e di grandi dimensioni; ritmi scanditi da quelli annuali del lavoro; poco contatto con le popolazioni del luogo.

Si va in una certa località e si ha la possibilità di poter visitare attrazioni e poter alloggiare in strutture uguali in tutto il mondo.

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Si frequentano i cosiddetti nonluoghi, lontani della vita comune degli abitanti di quella località.
Il turismo assume una forma standardizzata e prevedibile.
In questi tipi di viaggio non si faranno molte scoperte e si ha la sensazione che l’esperienza personale sia in qualche modo prestabilita, decisa a tavolino da altri.

A questa situazione, va aggiunto che siamo bombardati da continui messaggi sui viaggi, sulla rottura della routine e la possibilità di vivere una novità o un’esperienza indimenticabile.
Una miriade di stimoli provenienti da pubblicità, dai social, dalle agenzia di viaggio ci invogliano a partire, a vivere una nuova ma brevissima vita e a sfuggire dalla fatica (necessaria alla scoperta) e dalla noia.

In qualche modo viene a mancare un’elaborazione personale della necessità del viaggiare e nascono, invece, nascono motivazioni più o meno stereotipate a scapito dell’originalità e della creatività.
A scapito del senso dell’avventura e della crescita come individui.

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Con la nascita e la diffusione di Instagram, questo fenomeno si è ancora di più accentuato.

Sono nati i cosiddetti Instatourist, un esercito di turisti che vanno tutti negli stessi posti perché instagrammabili, scattano foto (spesso, poi, ritoccandole), condividono e ripartono.

Le comunità turistiche si stanno adeguando a questo trend, per cui sono nati business impensabili fino a qualche anno fa.
Ne è un esempio il fatto che in Myanmar si possa chiedere ai monaci bambini buddhisti di posare mentre sono in preghiera.

In questo modo si danneggiano le identità culturali, la spontaneità dei luoghi e delle persone che ci vivono.
Molto spesso si ha anche un forte impatto ambientale che danneggia anni di cure e biodiversità.
Con questo non si vuole demonizzare Instagram, né tanto meno il turismo di massa, ma invogliare ad un uso più consapevole e realmente personale.

Va bene far conoscere e prendere degli spunti per i propri soggiorni, ma senza omologazione: forme di turismo alternative sono possibili.

Ne parleremo la prossima settimana.

Valentina Freni

 

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