Ferite emozionali: Come costruire resilienza emotiva di fronte al fallimento

Ferite emozionali: Come costruire resilienza emotiva di fronte al fallimento

Siete consapevoli di come la vostra mente reagisce al fallimento? Dovreste. Perché se la mente prova a convincervi che non siete in grado di fare qualcosa e voi ci credete,  cominciate a sentirvi deboli e smetterete di provarci molto presto, o non proverete neanche. Oggi vedremo come costruire la resilienza emotiva.

A quel punto sarete ancora più convinti di non potercela fare. Come ci racconta Guy Winch questo è una della cause che porta tante persone ad agire al di sotto del proprio potenziale. Perché qualcosa, lungo la strada, a volte anche un singolo fallimento, li convince che non possono farcela e ci credono. Questo fenomeno viene chiamato impotenza appresa.

Il termine coniato dallo psicologo Seligman nel 1965 deriva da una serie di esperimenti in cui dopo aver sottoposto gli animali a situazioni dolose impossibili da evitare nonostante i numerosi tentativi, avevano imparato che nessuna delle loro azioni poteva servire ad evitare la situazioni. Di conseguenza gli animali smettevano di cercare una soluzione alla loro situazione e si paralizzavano, subendo la situazione piuttosto che ribellandosi.

Sono già sicura che vi saranno già venute numerose associazioni con situazioni reali sia personali che sociali in cui l’impotenza appresa può manifestarsi.  Questa situazione richiama

la condizione di chi non tenta di uscire da una situazione negativa perché il passato gli ha dimostrato che non c’è nulla da fare. 

La nostra mente fatica a cambiare idea quando sperimentiamo un fallimento, ma anche quando ci formiamo anche semplicemente un opinione in merito ad una questione. E’ naturale quindi sentirsi sconfitti e demoralizzati quando ci scontriamo con la realtà dei fatti e la disillusione che ne deriva, quando da piccoli pensavamo di diventare eroine ammirate e acclamate o astronauti che coronano il loro sogno di guardare la Terra dallo spazio per poi ritrovarsi vent’anni dopo a fare volontariato l’una e il ricercatore precario l’altro.

Cos’è successo a quella bambina e a quel bambino? Si sentiranno anch’essi sconfitti e demoralizzati poiché il loro ideale non ha trovato un corrispettivo nella realtà. All’inizio magari avranno tenuto duro, ma alla fine avrà avuto il sopravvento il sentimento di inefficacia. E da allora la nostra mente, per proteggerci dalla sofferenza che deriva dal tentare e non riuscire, ha eretto delle mura difensive sempre più alte e noi per sopravvivere ci siamo rifugiati su una torre guardando all’esterno con amarezza, oppure, con la superiorità di chi ha capito cinicamente che non c’è nulla da fare e che le leggi di Murphy sono l’unica e affidabile Verità.

Come ci ricorda Guy Winch  le nostre menti e i nostri sentimenti non sono quegli amici così fidati che crediamo. Non possiamo permetterci di convincerci di non potercela fare. Bisogna controbattere a quei sentimenti di debolezza che fanno capolinea quando si ripresenta la stessa situazione in cui abbiamo sperimentato il fallimento. 

Bisogna prendere il controllo della situazione, bisogna rompere il circolo vizioso prima che cominci. 

Perché dovreste fidarvi della mente? Tutte le volte che inviamo curriculum ed email senza sosta e nessuno ci risponde, tutte le volte che un nostro progetto non viene approvato, quelle volte in cui la persona che ci piaceva ci ha trattano male, sperimentiamo un fallimento o un rifiuto.

Cominciamo a pensare a tutte le nostre colpe, tutti i nostri difetti, come vorremmo essere, come non vorremmo essere, ci insultiamo. Magari non così duramente, ma lo facciamo tutti. È interessante notare che lo si fa, ma per quale motivo considerato che la nostra autostima sta già soffrendo? Perché dovremmo voler andare avanti e danneggiarla ancora di più? 

Non danneggeremmo mai di proposito una ferita fisica. Quando ci tagliamo non stiamo lì a pensare “vediamo quanto sangue esce”, al più prendiamo il primo fazzoletto a tiro per tamponare la ferita. Intanto è questo che facciamo con le ferite emozionali. Sì avete capito bene, il fallimento, il rifiuto, la solitudine, sono vere e proprie ferite, ferite emozionali e come tali dovrebbe essere curate.

Invece stiamo là a “girare il coltello nella piaga”. “Tanto non ti merito, non sono adeguata, non sono abbastanza in gamba, non valgo”, e così via. Questi sono i nostri coltelli. Ma perchè la nostra mente agisce in questo modo? Per mancanza di “igiene emozionale”. “

Non diamo la priorità alla nostra salute psicologica. Sappiamo grazie a decine di studi che quanto più l’autostima si abbassa, si diventa più vulnerabili allo stress e all’ansia, i fallimenti e i rifiuti fanno più male e ci vuole più tempo per riprendersi. Quindi quando veniamo rifiutati, la prima cosa che si dovrebbe fare è rianimare l’autostima.

Dobbiamo individuare le nostre abitudini psicologiche insane e cambiarle.

Una di queste cattive abitudini e della quale nessuno è immune si chiama ruminazione. Ruminare significa ripensarci continuamente, come animali al pascolo che masticano in continuazione l’erba più amara e non riescono a lasciar andar via quei pensieri: il capo che ci riprende per un errore, il professore che ci fa sentire stupidi in classe. Non riuscite a smettere di rivedere la scena nella vostra testa per giorni, a volte per settimane e continuate a parlarne con gli amici ossessivamente. 

Ruminare sugli eventi che sono rimasti impressi per il forte impatto emotivo e ci hanno sconvolto, può diventare un’abitudine tra le più insane per la nostra salute emotiva ed è un’abitudine molto costosa. Passando tanto tempo focalizzandoci su pensieri negativi, che sconvolgono, si incontra davvero il rischio significativo di sviluppare depressione clinica, alcolismo, disordini alimentari e malattie cardiovascolari.

Fermatevi un attimo e accorgetevi di quel pensiero fisso che non ci abbandona.

Magari, direte voi, il pensiero compare perché è una continua preoccupazione reale e urgente e ignorarlo di certo non farà altrettanto bene. La preoccupazione è di certo funzionale sole se, badate bene, questo ci porta ad agire. La preoccupazione fine a se stessa non fa altro che aumentare le nostre quote di ansia e il rimuginio sul problema.

La soluzione alla nostra salute mentale? Agite. Passate all’azione quando il rimuginare occupa le vostre giornate, cambiate la vostra reazione al fallimento e uscite dal circolo vizioso del pensiero negativo. In questo modo costruirete la vostra resilienza emotiva, e rifiorirete. I pensieri ansiosi e il continuo rimuginare ci cambiano sia emotivamente sia fisicamente. Cambiate la vostra percezione delle cose per modificare la situazione esterna.

Non credete sia possibile? Provare non costa nulla, o meglio, vi assicuro che non è così facile come sembra.

La resilienza emotiva ha bisogno di costanza, pratica e coraggio.

Un centinaio di anni fa, la gente cominciò a curare l’igiene personale e le aspettative di vita aumentarono di più del 50 percento nel giro di pochi decenni. Pensate come la qualità della nostra vita potrebbe aumentare significativamente se cominciassimo tutti a praticare l’igiene emozionale

Se tutti fossero psicologicamente più sani ci sentiremmo meno soli e meno depressi. Pensate a cosa accadrebbe se sapessimo riprenderci dal fallimento. Se solo ci si informasse e si cambiassero poche, semplici abitudini, potrebbe essere il mondo in cui tutti vorremmo vivere. 

Alessandra Notaro

Fonte: Ted Talk “Why we all need to practice emotional first aid

 

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